Secondo me è normale che in certi momenti ci odino. Perché per esempio a volte gli devi dire di no. E in quel momento ti odiano. Però non significa che quei no siano sbagliati. Con la nostra scuola collabora un noto psicologo, che ha scritto il libro I sì che aiutano a crescere1, in risposta al libro I no che aiutano a crescere2. E anche io sono per la politica che è più importante dire di sì, piuttosto che dire di no ai ragazzi. Però qualche volta tu devi anche mettere un limite, se no il loro ego trabocca. E quando tu metti quel limite, loro ti odiano. Ma devono anche imparare a ribellarsi quando sentono che quel no è ingiusto. Quando insegnavo diritto, dicevo ai ragazzi: “Ragazzi: ci sono delle regole che vanno rispettate. Voi potete anche non rispettarle, ma poi siete obbligati a prendervi la responsabilità delle conseguenze”. Il ragazzo che non vuole rispettare l’adulto, è libero di farlo. Purché lo faccia assumendosi la responsabilità dei propri comportamenti. Piuttosto che odiare l’adulto, il ragazzo dovrebbe imparare a trasgredire la regola: non puoi uscire dalla porta? Bene! Allora esci dalla finestra, ma ti assumi la responsabilità di essere uscito dalla finestra. Imparare a gestire il conflitto è forse la cosa più importante nel percorso di crescita di un ragazzo: significa imparare a dire che non è d’accordo, imparare a violare una regola, senza passare per forza dall’uccisione del padre e della madre. Cosa ne pensa della proposta di dare il voto ai sedicenni? Io sono contrario al voto ai sedicenni, nonostante io sia considerato uno molto dalla parte dei ragazzi. Ma sono contrari pure i miei ragazzi, innanzitutto: alcuni giorni fa, una giornalista di Repubblica ha fatto un’indagine con i ragazzi all’uscita da scuola e ha chiesto: “Cosa ne pensate del voto a sedici anni, vi sentite pronti?” E i ragazzi rispondevano di no e lei: “Ma come, andate a manifestare per l’ambiente, per i diritti civili e poi non volete votare?” 1 I sì che aiutano a crescere. La relazione affettiva nei processi educativi, Renato De Palma, ETS Editore 2 I no che aiutano a crescere, Asha Phillips, Universale Economica Feltrinelli E i ragazzi rispondevano che su alcuni temi loro sono molto sensibili: temi come l’ambiente, le unioni civili, il rispetto dei diritti degli omosessuali; queste cose gli interessano e sono preparati. Ma se gli apri una scheda con su scritto Forza Italia, PD, M5S, loro non hanno idea di che differenza ci sia tra questi partiti. Non sono pronti a votare quella roba lì, non capiscono come funziona il gioco e non so neanche se sono molto interessati a capirlo. Detta così sembra che siano i partiti a non essere pronti ai giovani. Sicuramente. Non si parlano. Se molti adulti oggi vendono un politico in tv e cambiano canale, i ragazzi non ne parliamo proprio. È difficilissimo che oggi i ragazzi si appassionino a un dibattito politico; se facessimo un test ai politici, non so quanti oggi sarebbero in grado di mantenere l’attenzione di un adolescente… Secondo me pochissimi. I politici non parlano la lingua dei ragazzi, non parlano dei problemi che interessano ai ragazzi. È come se appartenessero a mondi non comunicanti. Oggi i ragazzi di 16 anni non sono particolarmente interessati alla politica secondo me e non hanno gli strumenti per votare in modo consapevole. Chi in questo momento propone il voto a sedici anni, secondo me lo fa per giovanilismo, lo fa in modo strumentale per guadagnarsi la simpatia dei ragazzi, non perché consideri i ragazzi di sedici anni pronti. Con questo non voglio dire che i sedicenni siano particolarmente immaturi, però secondo me non sono ancora pronti a mettere la croce sul simbolo di un partito, e questo anche per colpa nostra, eh: della scuola, della famiglia, eccetera. Una volta però non era così: in altri tempi, nelle scuole superiori il dibattito politico era molto acceso. Sì: ci sono stati periodi storici con molta più partecipazione e molto più interesse per la politica. Io da ragazzo frequentavo sezioni di partiti politici, scendevo in piazza, facevo cortei… Oggi i ragazzi mediamente sono più interessati alla musica, allo sport, oppure a singole questioni come appunto l’ambiente. Non alla politica per come la intendevamo ai miei tempi. Secondo me però questo è un male. E questo sì. Non credo sia un bene, certo. Progetti per il futuro? Un libro? Un altro lavoro? Un viaggio su Marte? La rivoluzione? La mia passione è la scuola. Sabato andiamo al festival del Cinema di Roma a presentare un film che abbiamo realizzato sulla scuola3. Continuerò a giocare a dipingere la scuola, a distruggere la vecchia scuola, a provare a fare un nuovo discorso sull’educazione: fare in modo che questo piccolo giardino che per me è il Marco Polo cresca e diventi un luogo in cui si prova a costruire insieme, ragazzi e insegnanti, un discorso sull’educazione, sulla conoscenza e in fondo anche sulla società, perché nel momento in cui creiamo una scuola di italiano per migranti, introduciamo il cinese nell'offerta linguistica, facciamo un film con i ragazzi, dipingiamo sui muri, stiamo provando a raccontare un'idea di società. Quindi il mio progetto per il futuro è quello di continuare a costruire una narrazione sulla scuola e sulla società. The eeeend! (E questo, signore e signori, è il concetto di 'sintetico' secondo Ludovico Arte e Maddalena Molteni 😊) 3 La Règle Du Jeu in collaborazione con Fondazione Stensen presenta: Marco Polo. Un anno tra i banchi di scuola. Un film documentario di Duccio Chiarini
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