3 SECONDA EDIZIONE RIVEDUTA ED AMPLIATA 3 TUTTI I DIRITTI RISERVATI ALL’AUTORE ISBN 88-900215-9-4 II EDIZIONE © EDIZIONI ERMES del C.S.E. Centrostampa Editoriale s.c.r.l. Via Angilla Vecchia, 147 Tel. (0971) 444177 85100 Potenza 4 Ai miei genitori, Giuseppe e Carmela Bartolomeo 5 FONTI ARCHIVISTICHE (Abbreviazioni) A.C.GN. = Archivio Comunale Grumento Nova A.D.PZ. = Archivio Diocesano Potenza A.D.SA. = Archivio Diocesano Salerno A.P.GN. = Archivio Parrocchiale Grumento Nova A.S.NA. = Archivio di Stato Napoli A.S.PZ. = Archivio di Stato Potenza 6 PRESENTAZIONE La lunga consuetudine di rapporti amichevoli con l’Autore, mi ha riservato il privilegio di leggere preliminarmente questo libro che ho trovato particolarmente interessante. Nelle dense pagine, che propongono la rigorosa e documentata ricostruzione della Storia di Grumento, dalle origini ad oggi, capita d’imbattersi in famosi episodi della “grande storia” romana e medioevale che si alternano alla “piccola storia” locale, fatta delle tante vicende che scandiscono i ritmi della vita quotidiana. Vincenzo Falasca rende omaggio ad una nobile tradizione, che risale molto indietro nel tempo e che ha nella romana Grumentum l’espressione più nota. Ma non si limita a ricomporre l’identità storica della sua comunità collazionando le fonti edite che qua e là parlano di Grumento. Si misura, con pregevoli risultati, con l’esigenza di verificarne l’attendibilità, attraverso un paziente ed efficace scavo archivistico ed un’attenta perlustrazione dei luoghi, alla ricerca di nuovi elementi. Non siamo quindi, in questo caso, di fronte ad una semplice riscrittura della Storia di Grumento, ma ad un contributo, non privo di originalità, che concorre a far luce nuova su importanti aspetti e momenti della nostra storia. Perciò un doppio grazie a Vincenzo. Potenza, 25 luglio 1996 Giampaolo D’Andrea 7 8 PREFAZIONE DELL’AUTORE Sinora non era stata mai pubblicata una storia organica del Comune di Saponaria, oggi Grumento Nova. Ad eccezione dell’ultimo capitolo (il XIV) dell’opera dell’Arciprete Francesco Paolo Caputi “Tenue contributo alla storia di Grumento e Saponara” (1902) e della Parte IVª di quella di Francesco Saverio Roselli “Storia grumentina” (1790), contenenti entrambe molta documentazione su Grumentum, ma poche e frammentarie notizie sul borgo medioevale, nessuna ricerca sistematica e documentata era stata condotta su quest’ultimo. Da molto tempo ho nutrito l’ambizione di colmare questo vuoto, ma il lavoro si era limitato, distratto da altri impegni, a sporadiche indagini ed al reperimento di qualche documento. Per la verità, molte difficoltà nella ricerca derivavano anche, a prima vista, dalla scarsità di fonti, sia bibliografiche che archivistiche. Frammento dopo frammento, credo di essere riuscito, forse soltanto parzialmente, a delineare e dare corposità al profilo storico di un Comune che, in qualche epoca, ha avuto una certa importanza nel contesto della realtà della Basilicata. Lo storico Nino Cortese era solito dire ai suoi allievi, che approdavano a Napoli dalle province del Meridione, “Ragazzi, studiate bene, documentandovi, la storia dei vostri Comuni e capirete anche la storia del Regno di Napoli”. Vale a dire che, attraverso il buco della serratura di una Storia municipale, si può attingere la comprensione di orizzonti storici più vasti. Ritengo, perciò, che quanto da me scritto su Saponaria, possa essere emblematico per la storia socio-politica e religiosa di tante Comunità lucane. L’itinerario fondamentale seguito è stato quello della ricerca archivistica, non disgiunta da una attenta esplorazione del territorio, giungendo, anche 9 attraverso quest’ultima, ad importanti scoperte, documentate dagli inserti fotografici. In questa breve prefazione mi corre, altresì, l’obbligo di ringraziare, per motivi vari, alcune persone. Innanzitutto mia moglie Benedetta Mileo che, oltre allo stimolo e all’incoraggiamento datimi, nei momenti più difficili del lavoro, a proseguire nell’opera intrapresa, ha collaborato in modo decisivo alla stesura definitiva del testo. Ringrazio, inoltre, il prof. Santino Bonsera e la dott.ssa Valeria Verrastro, Vice Direttore dell’Archivio di Stato di Potenza, per la loro cortese collaborazione nella trascrizione di qualche documento di difficile interpretazione, l’ins. Florio Domenico, per avermi fornito due opuscoli, introvabili nelle biblioteche, contenenti importanti notizie su Saponara di Grumento, il Parroco Don Marcello Cozzi, per il gentile accesso consentitomi all’Archivio parrocchiale, il sig. Rubino Rocco, bibliotecario del Comune di Moliterno, l’impiegato comunale di Grumento Nova, Manduca Enrico, per avermi dato le indicazioni necessarie ad orientarmi fra le carte dell’Archivio, ancora non ordinate. Mi sia consentito, infine, di porgere i più sentiti ringraziamenti al prof. Giampaolo D’Andrea, Storico e Parlamentare europeo, per la sua cortesissima disponibilità a premettere al testo la sua presentazione. Vincenzo Falasca 10 CAPITOLO I GRUMENTUM: COLONIA ROMANA. 1. Grumentum: le origini. Prima che gli Elleni occupassero i territori della costa ionica, l’antico popolo italico degli Enotri era già insediato in quell’ampia fascia che si estende dal golfo di Taranto al golfo di Salerno. Nel VI sec. a.C. gli Etruschi scacciarono le tribù osco-sabelliche dal territorio campano, compreso tra il basso Liri ed il Volturno. Queste popolazioni, spinte verso il sud, occuparono in un primo momento Eburum (Eboli), Vulceium (Buccino), Ursentum (Vietri di Potenza o Caggiano) e Numistrum (Muro Lucano). Successivamente fondarono Atella e Potenza, occuparono Banzi e, dall’alta valle del Sele, ove erano giunti lungo il Tanagro, (fondando Atena, Teggiano, Sanza) si diramarono lungo la catena degli Appennini occupando il Cilento e i territori montuosi dei fiumi che scaricavano nello Ionio. Lo scrittore latino Plinio (23-79 d.C.), parlando di questi popoli, che egli chiamò Lucani, li enumerava: “Lucanorum autem Atinates, Bantini, Eburini, Grumentini, Potentini, Sontini, Sirini, Tergilani, Ursentini, Volcentani, quibus Numistrani iunguntur’’ 1. Probabilmente Plinio si riferiva al loro assetto in età avanzata, ossia quando già avevano sottomesso i primitivi abitatori appenninici. Le popolazioni, preesistenti alla invasione osco-sabellica, erano gli Enotri e i Siculi (o Sicani). Di queste antiche etnie, oltre alle testimonianze letterarie e a quelle archeologiche, ampi studi glottologici ne hanno dimostrato l’esistenza, analizzando il sostrato pre-indoeuropeo, sopravvissuto nei dialetti Cfr. Plinio “Naturalis Historia” L. III, 98. 11 lucani 2. Gli Enotri, pressati a sud dagli Elleni e a nord-est dai Lucani furono progressivamente sottomessi e resi schiavi. Secondo Plinio, quindi, i Grumentini appartenevano all’etnia lucana e parrebbe che essi abitassero il centro di Grumentum. Non è chiaro, nè ci sono testimonianze in proposito, se questo abitato esistesse prima del loro arrivo o sia stato da essi fondato. Per la verità molti mettono in dubbio la esistenza di Grumentum prima del III sec. a.C. e fanno coincidere la sua nascita con quella di Venosa (291 a.C.) e Paestum (273 a.C.). Le indagini archeologiche condotte sin’ora, dimostrerebbero, secondo alcuni studiosi, che la fondazione del centro avvenne tra la fine del IV e l’inizio del III a.C.3. Grumentum sarebbe sorta in questo periodo perché i Romani intendevano, con questo avamposto, bloccare la possibile unione fra i Lucani e i Greci di Thurioi, Eraclea e Metaponto. Secondo questi studiosi alcuni centri enotri esistevano già dal VII-VI sec. a.C. nella valle dell’Agri (Armento, Aliano, Roccanova), ma fra essi non può essere annoverata Grumentum. Dinu Adamesteanu, uno dei più illustri studiosi dell’archeologia grumentina, si dice certo che “Grumentum aveva già una sua storia ancor prima dell’arrivo dei Romani... essa si nasconde, come avviene per decine e decine di centri indigeni della Lucania, nel silenzio della letteratura greca, avara di informazioni sui nomi e sulla vita dei centri indigeni lontani dalla costa” 4. La certezza gli deriverebbe da due considerazioni. La prima attiene la radice GRUM (greca) da cui i Romani derivarono Grumentum. Il Racioppi sostenne con dotte argomentazioni glottologiche la derivazione del nome Grumentum dall’osco grama (pagus, villaggio) + il suffisso del caso obliquo -entos (come Buxentos, Tarentos, ecc.) 5. La seconda considerazione riguarda il famoso Cavaliere di Grumentum del British Museum di Londra, che egli ritiene di sicura provenienza grumentina e databile alla metà del VI sec. a.C. 2 Cfr. Giovanni Alessio “Sopravvivenza del sostrato pre-indoeuropeo nelle aggeminate di liquide e nasali +jod in Lucania”, Napoli 1962. 3 Cfr. L. Giardino “Grumentum: la ricerca archeologica in un centro antico”, Congedo Ed. 1981. 4 Cfr. D. Adamesteanu “Panorami culturali - Grumentum” in “Scuola lucana”, Potenza 1967, pag. 17. 12 5 Cfr. Racioppi “Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata” I, p. 50. Relativamente a quest’ultima supposizione Adamesteanu si sbagliava perché è stato dimostrato, qualche anno fa’, da Janos Slagy, Direttore del Museo di Budapest, che il reperto bronzeo, di fattura laconica o tarantina, era stato rinvenuto in una tomba ad Armento intorno al 1830. (Cfr. Rivista “Scienze dell’Antichità”, n° 5, Janos Gy Szilagyi, “Materiale etrusco e magnogreco in una collezione ungherese dell’ottocento”, pagg. 505-506, Università La Sapienza, Roma 1991). La statuetta, di stile laconico, sarebbe opera di un artista tarantino 6. Durante l’estate del 1982, nell’area della cosiddetta Basilica di S. Marco, nelle immediate adiacenze del Museo Nazionale dell’Alta Val d’Agri, vennero alla luce quattro tombe e una stipe votiva, con varie statuine di terracotta, quattro monete e vasellame vario. La più antica delle monete è quella in bronzo di Agatocle (tiranno di Siracusa, fine IV sec. a.C.). Tra le statuette ce n’è una classificata come Artemis-Bendis, attestata in altri santuari indigeni 7. Di esse il relativo pannello del Museo dice: “L’imperfetta cottura, la consistenza dell’argilla, nonché lo scarso livello qualitativo dei pezzi fanno pensare a una produzione locale”. Da ciò si deduce che la chiesa di S. Marco rappresenta l’anello di congiunzione tra l’insediamento romano e la preesistente presenza indigena. Ma tale preesistenza è ipotizzabile sull’altura ove poi sorse il centro romano di Grumentum? Parrebbe di si, se si pensa che i reperti di S. Marco appaiono di produzione locale e rinvenuti in un’area vicinissima a quella della città romana. Tale ipotesi potrebbe essere consolidata o smentita dall’estendimento dei lavori di scavo nella parte settentrionale della collina. Se invece la nascita di Grumentum risale al periodo in cui la decadenza dei vari centri enotri della Val d’Agri portò alla formazione di un unico abitato verso la fine del IV sec. a.C., la provenienza del “Cavaliere” del British andrebbe effettivamente attribuita ad Armento. C’è da aggiungere che fra le lapidi rinvenute a Grumentum ce ne sono un paio che rinviano a preesistenze preromane. 6 Angelo Bottini, senza offrire alcuna documentazione, scrive che “... gli esponenti maschili di queste elites connotati come Cavalieri... quale il Cavaliere di Grumentum (che oggi sappiamo rinvenuto invece ad Armento) ... offerto in qualche santuario italico”. Cfr. A. Bottini “L’incontro dei coloni greci con le genti anelleniche della Lucania” in “I Greci in Occidente”, Bompiani 1996, pag. 543. (Catalogo mostra Venezia). 7 Cfr. P. Bottini “Nuove ricerche nelle necropoli di Grumentum” in Boll. St. Basilicata, n. 6, 1990, pag. 89. 13 Una recita “Iano oenot (rio)/s”, e l’altra “Q. Attius gymnasi praefectus et... britiorum quoque grumentinorum sistarca...” 8. 2. Grumentum: colonia militare romana ed episodi storici. E’ indubbio che Grumentum, come colonia romana, fu uno dei primi avamposti creati da Roma in territorio lucano, che essa mirava a sottomettere. Come tale non si può pensare che ad una colonia militare “imposta” (come dice Adamesteanu ibid pag. 17) nel cuore di una regione abitata da popoli ostili e bellicosi. La connotazione militare di essa è attestata, secondo Emilio Magaldi, “Dalla forte percentuale delle iscrizioni funerarie . . . che si riferiscono a soldati” . La scelta del sito non fu casuale, anche se si ammette che la collina non fosse ancora abitata. Premesso che la penetrazione greca in Val d’Agri (come è ampiamente documentato) era già avvenuta prima del III sec. a.C., il posto prescelto per l’insediamento militare apparve subito strategico, sia per fronteggiare i Lucani e sia per bloccare l’espansione dei Greci. Qualche studioso fa risalire i primi rapporti tra Romani e Lucani all’epoca della seconda guerra sannitica (326 a.C.) sulla base di due testimonianze di Livio, cui pare non possa annettersi alcun valore 9. E’ più probabile che ciò sia avvenuto durante la terza guerra sannitica (298 a.C.). Sembra certo che, dopo la conquista di Venosa nel 291 a.C. da parte del console romano L. Postumio Megello, Roma approfittò della richiesta di aiuti da parte della città di Thurioi (285 a.C.), contro i Lucani di Stenio Stallio, per sistemare nella regione qualche altro baluardo militare, da cui procedere a successive conquiste. E’ in questo periodo, dopo la vittoria di Fabrizio Luscino su Sanniti, Lucani e Bruzi 10, che con ogni probabilità pare possa collocarsi la creazione della colonia militare di Grumentum. Poche sono le fonti letterarie che parlano della storia della colonia grumentina. Strabone, geografo greco, (vissuto fra il 64 a.C. –e il 23 d.C.) accenna a Grumentum quale piccolo centro abitato (mikrai katoikiai) al pari di Vertinae e 8 Cfr. T. Mommsen “Corpus Inscriptionum Latinarum”, vol. X, parte la, iscrizioni n. 31 e 43, pag. 2. In seguito l’opera sarà denominata C.I.L. 9 Cfr. T. Livio “Annales”, VIII, 25, 3. 10 Cfr. C.I.L., vol. 1, pag. 46. 14 Calasarna 11. Tre sono poi gli episodi, menzionati dagli autori antichi, che la riguardano. I primi due li ritroviamo negli Annales di Tito Livio (19 a.C. -17 d.C.), il terzo è citato da Seneca (5 a.C. - 65 d.C.) e da Macrobio (seconda metà IV sec. d.C. - V sec. d.C.). PRIMO EPISODIO (Battaglia tra Romani e Cartaginesi nel 215 a.C.) 12. Mentre Annibale aveva cinto d’assedio Nola in Campania, Annone, suo fratello e luogotenente, partendo da Eraclea lo raggiunse con rinforzi. L’intervento di Claudio Marcello scongiurò la presa della città ed Annone fu rispedito in Calabria. Sulla via del ritorno si scontrò nei pressi di Grumentum con l’esercito di Tiberio Sempronio Longo. In quella battaglia il cartaginese perse oltre 2.000 soldati e 41 insegne militari “In Lucanis ad Grumentum T. Sempronius, cui Longo cognomen erat, cum Hannone Poeno prospere pugnat”. Qualche studioso 13 dubita della veridicità dell’avvenimento, avendo Livio attinto ad un annalista, Valerio Anziate, poco degno di fede e vi scorge un’anticipazione dello scontro avvenuto l’anno successivo tra lo stesso Annone e T. Sempronio Gracco. Inoltre troppo generici sono i dati riportati nel passo. SECONDO EPISODIO (Battaglia tra Annibale ed il console Claudio Nerone nel 207 a.C.) 14. Annibale dopo aver radunato le truppe, che aveva tenuto negli accampamenti invernali o nei presidi della Calabria, era penetrato in Lucania e si era accampato nei pressi di Grumentum, con la speranza di riconquistare le città che, per paura, erano passate ai Romani. Da Venosa si diresse nello stesso luogo il console Claudio Nerone e schierò il suo esercito, forte di quattro legioni, a poca distanza da quello cartaginese, leggermente inferiore di numero15. Dopo una prima scaramuccia, il Console romano, mediante una manovra notturna di aggiramento, la mattina successiva, prese Annibale sul fianco sinistro e gli inflisse una perdita di 8.000 soldati, di 9 insegne militari e di 6 elefanti. Le perdite dei Romani e degli alleati furono di 500 uomini. 11 Cfr. Strabone, VI, 254. 12 Cfr. Livio, XXIII, 37 13 Cfr. G. De Sanctis “Storia dei Romani”, vol. III, pag. 255. 14 Cfr. Livio, XXVII, 31-42. 15 Cfr. De Sanctis, op. cit. 15 Questo, in estrema sintesi, il racconto liviano. Dove si sia svolta la battaglia e quale fosse la dislocazione degli eserciti è di dubbia interpretazione. Molti studiosi (alcuni anche esperti di arte militare, come il Kromayer) si sono cimentati nell’ardua impresa. I dati topografici da cui bisogna partire sono i seguenti (se si ammette la veridicità della narrazione di Livio): l) L’accampamento di Annibale era a 500 passi (750 mt.) dalle mura di Grumentum e sembrava unito ad esse. 2) La distanza intercorrente tra i due eserciti era di circa 1500 passi (Km. 2,25) ed era costituita da una pianura. 3) Colli privi di vegetazione sovrastavano i Cartaginesi sul lato sinistro e i Romani su quello destro. 4) Il Console romano ordinò che cinque coorti e cinque manipoli, di notte, superassero la giogaia e si collocassero sui colli posti alle spalle degli eserciti. 5) Le coorti romane scendendo dai colli, attraverso una strada facile e scoperta, piombarono sui fianchi dell’esercito cartaginese. 6) La vicinanza dell’accampamento consentì ai Cartaginesi di porsi al riparo facilmente. 7)L’assenza della menzione del fiume Agri. Le tesi principali circa la disposizione degli eserciti sono tre: l) J. Kromayer 16. Secondo questo studioso Annibale pose il suo accampamento ad ovest di Grumentum (odierna Cerreta), mentre C. Nerone si accampò alle Vigne di Viggiano. La pianura intercorrente era quella occupata dal bosco del Guardemmauro e i colli, serviti per l’aggiramento, erano quelli a destra del fosso Giliberti (Cozzo Della Croce, Coste di Fieno e S. Elia). 2) G. Racioppi - F. P. Caput i17. Secondo costoro Annibale dislocò poche truppe sul colle di Saponara (a controllo di Grumentum) mentre accampò il grosso dell’esercito su Monte Castello, con un avamposto su S. Elia. Il console C. Nerone si dispose sul Monte Delle Vigne di Grumento Nova. La pianura fra gli eserciti era quella di S. Giuliano e l’imboscata sarebbe avvenuta attraverso le contrade Rungi, S. Nicola e Chiriconi. 3) G. De Lorenzo - Guida Touring Club It. 1928 18. Per questi ultimi 16 Cfr. J. Kromayer “Antike Schalachtfelder”, Berlino 1912, vol. III, pag. 414 e segg. 17 Cfr. G. Racioppi “Storia ecc.” cit. vol. I pag. 271 e F. P. Caputi “Tenue contributo alla storia di Grumento e Saponara”, Napoli 1902, pag 110 . 18 Cfr. G. De Lorenzo “Reliquie di grandi laghi pleistocenici”, Napoli 1898, vol. IX, pag. 7 e Guida T.C.I.1928 Milano, vol. III pag. 514. 16 Annibale era accampato nella parte sud della pianura del Giardino, mentre C. Nerone alla Cerreta e Ponte delle Chianche. Fra i due eserciti c’era la parte nord del Giardino e S. Sebastiano (cava di arena). I colli erano le tre cime di Saponaria (Chiesa madre, S. Arcangelo e S. Elia). Le coorti romane sarebbero risalite lungo la contrada S. Antonio. Non staremo qui a dilungarci sulle argomentazioni che giocano pro o contro ciascuna delle tesi suddette. Basti accennare che nella spiegazione del Kromayer i colli a destra del fosso Giliberti risultavano molto distanti dall’esercito romano e quindi non lo sovrastavano (imminebant). L’articolata interpretazione Racioppi-Caputi cozza col fatto che le contrade attraverso cui sarebbe avvenuta l’imboscata sono tutte ad un’altitudine ben inferiore a Monte Castello e a S. Elia, ove si sarebbe accampato Annibale. Propendiamo per la terza ipotesi che combacia, in tutto e per tutto, con le caratteristice topografiche dei luoghi proposti. TERZO EPISODIO (Episodio di due schiavi che salvano la padrona durante la Guerra Sociale del 91-89) 19. La politica espansionistica dei Romani aveva incorporato gli Italici, che giuridicamente erano considerati dei semplici alleati (Socii) e non cittadini di Roma (Cives). Tale era ancora la situazione agli inizi del I sec. a.C.. Erano stati fatti alcuni tentativi da parte dei Gracchi di estendere agli Italici il diritto di cittadinanza, ma essi erano stati sempre avversati dal Senato e dall’Aristocrazia. L’ultimo ad intraprendere una politica in tal senso era stato M. Livio Druso, che venne, per questo, assassinato nel 91 a.C. L’attentato a Druso fu il segnale della rivolta dei Socii (da cui guerra sociale). Picentes, Vertini, Marsi, Peligni, Marrucini, Sanniti e Lucani 20 formarono una grande confederazione che dichiarò guerra a Roma. Venne anche costituito un Senato di 500 membri e nominati due consoli: Q. Popedio Silone (dei Marsi) e C. Papilio Mutilo (dei Sanniti). Il conflitto fu estremamente feroce e sanguinoso, tanto che lo scrittore latino Floro (fine I sec. d.C.) dice che nè la guerra di Pirro nè quella di Annibale apportarono tante devastazioni. Grumentum è menzionata fra le città distrutte e saccheggiate “Ecce Ocriculum, ecce Grumentum, ecce Faesulae… penitus 19 Cfr. A. Seneca “De beneficiis” III 23; Macrobio “Saturnalia”, I, 11-23. 20 Cfr. T. Livio, Epistulae 72. 17 ferro et igne vastantur’’ 21. Teatro degli scontri fu tutta l’Italia centrale e meridionale. Guidavano le forze romane i consoli P. Rutilio Lupo e L. Giulio Cesare. Il primo anno di guerra fu sfavorevole a Roma e la colonia di Venosa voltò ad essa le spalle passando ai Confederati. Marco Lamponio, uno dei Pretori degli insorti, responsabile con Ponzio Telesino delle operazioni belliche in Lucania e nel Sannio, assalì P. Licinio Crasso, luogotenente del Console Giulio Cesare e gli inflisse una perdita di 800 uomini costringendolo a rifugiarsi in Grumentum, rimasta fedele 22. Sotto le sue mura si sarebbe svolto il duello, a singolar tenzone, tra Lamponio e Crasso, di cui è cenno in Diodoro. Successivamente la città fu espugnata e distrutta dai Socii. Alla sua presa è da riferirsi l’episodio narrato da Seneca e da Macrobio. Due schiavi grumentini precedentemente passati al nemico, in occasione della sua espugnazione, si ricordarono della loro padrona e la posero in salvo ricorrendo ad un sotterfugio. Fecero credere a tutti di volerla condurre fuori delle mura per ammazzarla, invece la lasciarono fuggire. Passata la tempesta della guerra sociale e ritornata la calma a Grumentum, la ricca matrona ricompensò i due schiavi con la libertà. Nonostante la promulgazione di alcune leggi (Lex Iulia-90 a.C. e Lex Plauzia/Papiria-89 a.C.) che estendevano agli Italici la cittadinanza romana, seppur con alcune limitazioni, la guerra continuò. Da questo momento essa si intrecciò con la guerra civile tra Mario e Silla. Il 1° Nov. dell’82 a.C., l’esercito sillano ebbe la meglio sui Confederati a Porta Collina, sotto le mura di Roma. Il lucano Lamponio riuscì a fuggire, mentre il sannita Telesino morì sul campo. Durante la guerra sociale le città greche della costa ionica non si schierarono contro Roma. Il conflitto segnò l’inizio di una profonda decadenza per Grumentum, sia sotto l’aspetto demografico che economico. La sua ripresa avvenne solo nella seconda metà dello stesso secolo. 3. Deduzione della colonia in età graccana - Cariche pubbliche. Una iscrizione onoraria grumentina, integrata e trascritta dal Mommsen nel 1846, attesta che Grumentum fu colonia romana appartenente alla tribù Pomptina 23. 21 Cfr. Floro II, 6, 11. 22 Cfr. Appiano “Bellum civile”, I, 41. 23 Cfr. C.I.L., X, n.228, pag.30. 18 Negli anni 89-87 a.C. le città lucane, benché renitenti, furono assegnate per la maggior parte a tale tribù: Grumento, Potenza, Atina, Volceio, Bussento e Tegiano 24. In precedenza, all’epoca dei Gracchi (134-121 a.C.), la colonizzazione romana aveva assunto caratteristiche sociali, con la distribuzione di terre dell’agro pubblico al proletariato. Il Libro delle colonie 25 parla di Grumentum come Prefettura, con termini graccani e centurie quadrate di 200 iugeri (25 ettari). Tale passo farebbe supporre che la colonia grumentina risalirebbe ad una delle assegnazioni agrarie che ebbero luogo sotto Caio Gracco. Esso però è da interpretare nel senso che all’epoca vennero assegnati terreni nell’agro di Grumentum a coloni romani. Durante l’Impero si ebbero “...più che nuove colonie, rifusioni e ridenominazioni delle precedenti” 26, per cui pare che anche Grumentum ricevesse il cognome di Claudia 27. Dalle epigrafi rinvenute, conosciamo le cariche pubbliche nella colonia. A capo di essa c’erano i Praetores duoviri quinquennales che corrispondevano alle figure dei Consoli nell’ordinamento di Roma 28. Essi avevano potestà giudiziaria (jusdicenti) e presiedevano il Senato locale. Secondo qualche studioso (Rudolph e Beloch) questa carica venne istituita in Grumentum sotto Silla, quando la vicina comunità lucana, dimorante nella parte settentrionale del colle (il Pagus da cui il toponimo ancora esistente di Pontepagano) si fuse con la colonia romana 29. Dopo i Duunviri venivano, per autorità, i due Edili (in qualche periodo ce ne furono anche tre) cui erano affidate la tutela delle strade e degli edifici pubblici, la sorveglianza dei mercati e delle feste pubbliche, la polizia urbana e l’annona 30. La terza carica era quella del Questore che aveva cura dell’amministrazione finanziaria della colonia 31. 24 Cfr. Beloch “Der Italische Bund”, pag. 41; Eboli venne ascritta alla tribù Fabia, Pesto alla Mecia e Venosa alla Orazia. 25 Cfr. Liber coloniarum, 209, 5-10. 26 Cfr. E. Magaldi “Lucania romana”, Ist. St. Rom., Roma 1947, pag. 224. 27 Cfr. C.I.L., X, pag. 27 “Fieri potest ut a Claudio cognomen traxerit”. 28 Cfr. C.I.L., X, n. 208-221-226. 29 Una epigrafe del 43 a.C. ricorda la costruzione di un portico fatta dall’architetto T. Vectius con i soldi degli abitanti del vicino Pago: Pecunia Paganorum. Cfr. C.I.L., X, la parte, n. 8093, pag. 962. 30 Cfr. C.I.L. n. 219, 220, 224, 225, 226, 227. 31 Cfr. C.I.L. n. 208, 219, 226. 19 All’istituto del Senato di Roma corrispondeva nelle colonie l’Ordo Decurionum. I Decurioni operavano con compiti di conferimento di onori, impiego di denaro pubblico ed assegnazione dei luoghi di sepoltura 32. Si incontrano poi, nelle epigrafi grumentine, cariche che andavano al di là del territorio della colonia. Conosciamo un Corrector Lucaniae et Brutii di nome Rullo Festo, appartenente all’ordine senatorio 33. Il Corrector era una sorta di “luogotenente imperiale” inviato a reggere dei territori esterni a Roma e il Curator Rei Publicae una specie di “Regio Commissario” per i Comuni (Magaldi). Due lapidi citano il nome di C. Passienus Cossonius Scipio Orfitus, della tribù Scapzia, “Curator Sutrinorum” (Sutrio) 34 e quello di C. Stremponius Bassus, della tribù Pomptina, “Curator Kalendari Potentinorum” 35. Nel mondo romano operarono numerose associazioni a carattere operaio (Collegia opificum), a carattere funerario (Collegia tenuiorum) e a carattere religioso (Sodalitates) 36. Abbiamo notizia dell’attività in Grumentum di un Collegio di Venere che pose un cippo in onore del suo Optimo Patrono Actio, della tribù Pomptina 37. Numerose erano le famiglie senatorie romane che avevano nella colonia interessi economici e proprietà fondiarie. Alla famiglia dei Passieni apparteneva il predetto Cossonio Scipione che, oltre ad essere Curator Sutrinorum era anche Questore e Augure del popolo romano. Quella dei Bruzii Presenti, cui appartenne Crispina, moglie dell’Imperatore Commodo, aveva estesi possedimenti a Volceio, Tegiano, Venosa e Grumento 38 . L. Bruzio Crispino, Console nell’anno 187 d.C., è menzionato in una lapide rinvenuta nel 1868 vicino alla chiesetta di S. Laverio 39. Un C. Bruzio, della tribù Sergia, tenne a Grumentum la carica di Edile proquestore, e nel 57 a.C. ricostruì a sue spese un tratto delle 32 Cfr. C.I.L., n. 207,209, 211, 221, 229. 33 Cfr. C.I.L. n. 212. 34 Cfr. C.I.L. n.211. 35 Cfr. C.I.L. n. 226. 36 Cfr. E. Magaldi, op. cit., pag. 248. 37 Cfr. C.I.L. n. 228. 38 Cfr. Magaldi, op. cit. pag. 295. 39 Cfr. C.I.L. n. 238, pag. 31. 20 mura40. Altra famiglia degna di nota era l’Aquilia che, probabilmente, diede il nome alla porta più importante della città 41. Ad essa appartennero Lucio Aquilio Mamio (pretore-duoviro, edile ed augure) 42, Aquilio Montano 43 e Aquilio Preponte 44. Gli Imperatori romani, pur rimanendo sostanzialmente estranei alla vita dei municipi e delle colonie, non disdegnavano di accordare ad essi il loro patronato ed accettavano anche cariche locali, che poi assegnavano a Prefetti di loro nomina. Cesare Augusto accettò la carica di Patrono della città di Grumentum 45. Di Livia Drusilla, moglie di Augusto, che dopo la morte del marito (14 d.C.) fu adottata per testamento nella Gens Iulia, resta una testa marmorea collocata nel Museo Nazionale dell’Alta Val D’Agri. Nell’anno 15-16 d.C. i Decurioni della colonia grumentina posero in onore dell’imperatore Tiberio una bella lapide che recita “All’Imperatore Tiberio Augusto, figlio del divo Augusto, Console, Pontefice Massimo, rivestendo la potestà tribunizia per la 17a volta, posero (questa lapide) su decreto dei Decurioni” (collocata nel Museo) Nell’anno 119-20 d.C., il suaccennato Aquilio Mamio, avendo ottenuto l’onore dell’Augurato per intercessione di Adriano, dedicò all’imperatore un cippo onorario 46. Nel 211 d.C. il nome di Settimio Severo compare in una iscrizione che recita: “Divo Severo Publ (ice)” (conservata nel Museo). Infine il Senato locale ricordava l’Augusta Furia Sabinia Tranquillina, moglie di Gordiano III (238-44) 47. 4. Dei e culti religiosi in Grumentum In epoca preromana, pare si venerasse in Grumentum la dea “Mefite Fisice”. Il suo culto è attestato in Irpinia, nella Gallia traspadana, ad Atina, a Potenza e da una iscrizione osca scoperta ad Aeclanum. 40 Cfr. C.I.L. n. 219. Lapide raccolta da Carlo Danio. 41 Cfr. L. Giardino “Grumentum ecc.”, op. cit. 42 Cfr. C.I.L. n. 208. 43 Cfr. C.I.L. n. 243. 44 Cfr. C.I.L. n. 244. 45 Cfr. C.I.L. n. 206. Lapide di proprietà del Sindaco Raffaele Giliberti. 46 Cfr. C.I.L. n. 208. 47 Cfr. C.I.L. n. 209. 21 Essa era una divinità osca che personificava la salute ed era invocata contro i malanni prodotti dalle esalazioni del suolo e delle acque. Trovandosi Grumentum all’incrocio di due fiumi, pare verosimile che i suoi antichi abitatori venerassero questa dea. Carlo Danio rinvenne, proprio in prossimità del Capitolium, un frammento epigrafico con la scritta Mefiti Fisicae 48. Anche i rinvenimenti della cosiddetta basilica di S. Marco, secondo Paola Bottini, rinviano al culto di una divinità che potrebbe essere “quella di Mefite nel suo aspetto più propriamente agricolo” 49. L’appellativo Fisica ha fatto molto discutere. Chi lo vuole derivante dal greco e chi 50 dall’aggettivo osco Fisias=lat. Fidia (fedele, guaritrice). Ad un Collegio di Venere abbiamo precedentemente accennato. In Roma, spesso, ai nomi di alcuni dei era associato quello di Augusto. La religione aveva una funzione prevalentemente pubblica ed era concepita come religione di Stato, per cui gli Imperatori, ossia gli Augusti, vennero divinizzati e un po’ alla volta il culto delle divinità si fuse al loro. Accanto agli Augustales, Collegio di liberti che tenevano vivo il culto di Augusto e dei suoi successori, sorsero i Mercuriales e gli Herculanei (o Herculani) che si interessavano di quello di Mercurio ed Ercole. Ai Mercuriales appartenevano, in prevalenza, mercanti, agli Herculanei liberti di varie professioni. Varie epigrafi grumentine testimoniano questo progressivo processo di fusione che portò alla assegnazione del titolo di “Augusto” agli Dei e alla celebrazione di cerimonie comuni. Due lapidi ricordano Q. Vibiedius Philargyrius e Lucius Turcius Dafnus con il titolo di Augustalis Mercurialis 51. Altre tre menzionano quali Augustales Herculanei 52: 1) L. Magius Myrtilus e C. Opsius Optatus; 2) P. Titio; 3) Caio Allidio Chorebo. Il nome di Ercole ricorre, poi, da solo in altre quattro epigrafi ed in una di esse, un Quinto Polemarco erige un altare di marmo ad “Herculi 48 Cfr. C.I.L. n. 203. 49 Cfr. P. Bottini “Testimonianze archeologice ecc.”, pag. 125. 50 Cfr. A. Sogliano in Magaldi “Note preliminari di archeologia grumentina” 1933, pag. 357. 51 Cfr. C.I.L. n. 205 e n. 232. 52 Cfr. C.I.L. n. 230 e 231. La lapide di Caio Allidio, non catalogata nel C.I.L., trovasi nel Museo Nazionale. 22 thebano” 53. Accanto agli Augustales sono da ricordare gli Augures publici o municipales i quali erano sacerdoti eletti dapprima dai Comizi popolari (come c’informa la Lex Coloniae Genetivae) e successivamente dal Decurionato. Ricoprirono questa carica i summenzionati C. Passieno e Stremponio Basso 54. Vivo era il culto in Grumentum per la triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), cui era consacrato l’edificio del Capitolium nel Foro. Giove capitolino è menzionato in due epigrafi 55. Nella prima un Bruttius Callidius Capito (evidentemente un gladiatore) gli dedica il suo “flagellum” (sferza). Nella seconda un Gneus Rufus Pupina costruisce in un suo onore una Piscinam, (vasca di acqua lustrale). A Giunone si riferiscono tre epigrafi nelle quali le si offrono un arco e un candelabro, un altare e la si chiama Lucina 56. A Minerva venne offerto un candelabro animo grato 57. Secondo la testimonianza del Roselli, una statua, rappresentante un sacerdote di Apollo, che teneva nella mano un pomo e sotto i piedi un serpente, trovavasi nell’atrio della chiesa madre di Saponaria e poi spostata agli inizi del 1700, per volere del Principe Sanseverino, nella scuderia del castello. Il Roselli dedusse che doveva trattarsi di un sacerdote di Apollo dal serpente pitone, sconfitto dalla Divinità, cui andò per questo il nome di Pitio 58. Ricorrono poi anche i nomi di Silvano 59, dei Dioscuri Castore e Polluce 60 e di Esculapio. 6l. Dal II sec. d.C. in poi, ad opera dei pretoriani combattenti in Oriente, cominciarono ad essere importati anche in Grumentum culti esoterici. Ne sono testimonianza due lapidi. La prima è dedicata da un Evocatus augusteo, tale T. Flavius Saturninus, al Dio persiano Mitra 62. 53 Cfr. C.I.L. n. 201, 233, 29, 30. 54 Cfr. C.I.L. n. 211, 226. 55 Cfr. C.I.L. n.32, 33. 56 Cfr. C.I.L. n.34, 35, 202 57 Cfr. n.36. 58 Cfr. F. S. Roselli, “Storia grumentina”, 1790, pag. 54-55. 59 Cfr. C.I.L. n. 205. 60 Cfr. C.I.L. n. 28. 61 Cfr. C.I.L. n. 27. 62 Cfr. C.I.L. n. 204. 23 Il culto di tale divinità venne importato in Roma con la conquista dell’Asia minore verso la fine del I sec. d.C., fiorì sotto gli Antonini e decadde verso la fine del IV sec. con Graziano e Teodosio. “La presenza del culto di Mitra a Grumentum è da mettersi in rapporto con la forte presenza che aveva nella popolazione civile l’elemento militare” 63. Con l’arrivo in Grumentum di un consistente numero di Giudei, (che il Roselli ritiene avvenuto verso la fine del VI sec. d.C.), vennero importati anche culti ebraici. La seconda iscrizione parla del dio Porcino venerato dai Giudei 64. La parte settentrionale del colle, ove sorgeva Grumentum, è difatti chiamata dagli abitanti del luogo Sciurìa (Giudea) con il connesso toponimo Auz’ ra Sciurìa. Risultano presenti anche due culti importati dall’Egitto. La statua mutila di Arpocrate, figlio di Osìris ed Isis, rinvenuta nel tempietto di tipo italico dietro il teatro, testimonia il primo. Il secondo è quello del dio greco-egizio Serapide (Osiris-Api) che, pur non essendo testimoniato attraverso reperti della città, sarebbe attestato da un tempietto a lui dedicato, venuto recentemente alla luce sul colle di Saponaria, nel luogo ove c’è la Chiesa Madre (per ulteriori approfondimenti vedasi il capitolo secondo). Nel corso delle campagne di scavo, dal 1700 in poi, sono venuti alla luce i resti di quattro templi, il cui schema architettonico è quello italico, con podio e cella per il dio, preceduto da un pronao con colonne. Il più importante e più maestoso è il Capitolium nell’area del Foro, sulla destra del Decumano, dedicato alla triade capitolina. (Contrassegnato nei pannelli del Museo con la lettera D). Gli altri sono: A) Tempietto di tipo italico, dietro la scena del Teatro, dedicato o ad Arpocrate o ad un imperatore divinizzato, B) Tempio sul lato settentrionale della Domus con mosaici, di cui s’ignora la consacrazione, C) Nella parte meridionale del Foro, forse dedicato al culto di Augusto, perché ivi è stata rinvenuta la testa marmorea dell’imperatrice Livia Drusilla. 63 Cfr. Magaldi “Note ecc.”, pag. 353. 64 Cfr. C.I.L., X, l°, n. 39. 24 5. Sito, assetto urbanistico, edifici pubblici, decadenza. Grumentum sorse su un pianoro oblungo, a 585 mt. s. 1. m., posto tra i fiumi Sciaura e l’antico Akiris di Strabone 65. La superficie d’insediamento, di circa 25 ettari, misurava mt. 950 di lunghezza per 250 di larghezza. Il Decumano (strada principale longitudinale) era orientato ad Est, il Cardine (asse trasversale) a Sud, con una impostazione stradale non comune in altri centri. Estremamente favorevole era la sua posizione in rapporto alla rete stradale romana riportata dalla Tabula Peutingeriana (Vienna K.K. Hofbibliothek - rinvenuta dall’umanista K. Celtes e così denominata dal cartografo K. Peutinger che ne venne in possesso) e dall’ Itinerarium Antonini. Grumentum era in comunicazione con due grandi arterie stradali: la via Appia (che da Roma, passando per Venosa, giungeva a Brindisi) e la via Popilia (che collegava Reggio Calabria con la capitale dell’Impero lungo la direttrice tirrenica). La bretella di collegamento fra l’Appia e la Popilia era rappresentata dalla via Herculia, così chiamata perché fatta costruire dall’Imperatore della prima Tetrarchia, Massimiano Erculio (286-305 d.C.). Essa si originava da Venosa e, attraversando la Lucania interna, toccava Grumentum e si immetteva sulla Popilia nei pressi di Nerulum (Rotonda) 66. La colonia grumentina era altresì collegata da un altro braccio dell’Herculia alla litoranea ionica, che incrociava nei pressi di Eraclea. Dal punto di vista strategico-militare, per i Romani essa rappresentava nella Lucania meridionale, l’equivalente di Venosa in quella settentrionale. Così come Venosa poteva bloccare tutti gli spostamenti sulla via Appia, Grumentum controllava quelli nord-sud sulla Popilia e quelli est-ovest sull’arteria dell’Agri. Sulla base di una complessa ricostruzione i suoi probabili confini amministrativi potrebbero essere i seguenti: 1) Verso Potenza, lo spartiacque Agri-Basento; 2) Verso Thurioi, una linea che passava a nord di Nerulum e correva lungo la conca di Castelluccio; 65 Per Strabone l’Agri era navigabile, in rapporto alle modeste imbarcazioni fluviali dell’epoca: kai potamoi duo plotoi Akiris kai Siris. Cfr. Strabone, VI. 66 L’itinerarium Antonini elencava le seguenti stazioni della via Herculia: Venusia civitas, Opino, ad fluvium Bradanum, Potentia, Acidios, Grumentum, Semuncla, Nerulum 25 Grumentum e la rete stradale romana 3) Verso il Vallo di Diano, la linea che corre lungo i monti della Maddalena; 4) Verso lo Ionio, una linea di confine che, inglobando Eraclea, costeggiava, in modo molto incerto, il territorio di Taranto. L’area abitata di Grumentum occupava tutta la collina ed era compresa entro una cinta muraria che seguiva il ciglio naturale della stessa. I rilievi aerofotogrammetrici e qualche saggio di scavo hanno rivelato la presenza di sei porte, di cui quattro riservate al passaggio dei carri, e due più piccole (Posterulae) a quello dei pedoni 67. L’impianto urbanistico era caratterizzato da un reticolo di vie che si intersecavano ad angolo retto. La più importante delle porte, l’Aquilia, trovavasi sul lato sud (nei pressi della cappelluccia di S. Giuseppe) ed i suoi marmi furono trasportati, in Saponaria 67 Cfr. G. Schmiedt “Atlante aerofotografico delle sedi umane in Italia”, Firenze, 1970. 26 ove ornavano l’ingresso del Sedile dei Nobili (nella odierna piazza Arciprete Caputi), fatto costruire nel 1520 da Ugo III Sanseverino. Le tre strade longitudinali che si sviluppavano in direzione nord est/sud- ovest, attraversavano l’abitato in tutta la sua lunghezza ed erano dislocate sulle tre terrazze naturali del terreno. Erano intersecate da circa 24 strade trasversali, situate ad intervalli regolari di 35 mt., distanza corrispondente all’unità metrica romana dell’Actus. Gli assi viarii longitudinali avevano una larghezza di mt. 5.20 e mt. 7.40, mentre quelli trasversali mt. 4 ca. La sede stradale era bordata da marciapiedi (crepidines), larghi 3-4 mt., al di sotto dei quali v’era un canale che riceveva le acque piovane convogliate da fori posti tra la pavimentazione e i bordi. Il fondo stradale, che in età repubblicana era rappresentato da ciottoli piatti di fiume, in età imperiale venne lastricato con grossi basoli di pietra, che indicano il livello di sviluppo economico raggiunto, all’epoca, dalla colonia. Questo impianto urbanistico non subì modifiche sino all’abbandono della città 68. I reperti archeologici, di vario tipo, attestano che, sin dagli inizi del III sec. a.C., il centro era economicamente fiorente e parte del materiale ceramico rinvenuto, con “motivi geometrici e floreali di tipo molto semplice rinvia ad un periodo più antico di altri insediamenti quali Satriano, Oppido Lucano e Timmari” 69. Molto stretti furono i rapporti con i Greci della costa ionica, come viene attestato da classi di ceramiche tipiche di Heraclea, Metaponto e Sibari, nonché da monete d’argento e bronzo delle stesse città. Nel I sec. a.C., a seguito della guerra sociale, si verificò un grosso calo demografico ed economico il cui riscontro lo abbiamo nella scarsità di reperti di questo periodo. La ripresa si ebbe intorno al 50 a.C. Difatti nel 57 e 51 a.C. le mura vennero rifatte dagli Edili, C. Bruttius e Q. Poppedius 70 e nel 43 a.C. venne costruito un portico (e sicuramente altri edifici) 71. Tra il I sec. a.C. e per tutto il I sec. d.C., la colonia ebbe una grande rifioritura economica e ricostruttiva. 68 Cfr. ricostruzione dell’impianto urbanistico fatta da L. Giardino in “Atti del convegno di Venosa 1987”, Tav. 11. 69 Cfr. L. Giardino “Grumentum ecc.”, pag. 17. 70 Cfr. C.I.L. n. 219, 220. 71 Cfr. C.I.L. n. 8093. 27 Di quest’epoca sono il Macellum (?) nell’area del Foro, l’intervento massiccio sul Capitolium, l’Anfiteatro (da qualcuno collocato agli inizi del I sec. a.C.), il Teatro, le Terme imperiali, alcune splendide ville, il rifacimento in basoli della pavimentazione delle strade e la costruzione di impianti di acqua corrente, con tubi di piombo (fistulae). L’acquedotto captava la sorgente Castagneto di Moliterno 72. Agli inizi del II sec. d.C. Grumentum si presentava con un volto completamente rinnovato che manterrà sino alla tarda età imperiale. Nel III sec d.C. vennero effettuati ulteriori interventi sugli edifici pubblici, come quello sulle terme nell’età di Aureliano di Q. Emilio Saxoniano73. In questo periodo pare che funzionasse anche una zecca, come sarebbe dimostrato da quattro monete di bronzo con la scritta greca GRY. Il professor A. Siciliano dell’Università di Lecce recentemente ne ha dimostrato l’esistenza. Si rafforzò altresì la sua posizione strategica con la sistemazione da parte di Diocleziano e Massimiano Erculio del vecchio “iter” Venusia-Nerulum 74. Nei sec. IV e V d.C. continuò ad avere una vita abbastanza attiva, come appare da una iscrizione di fine IV sec. in cui è detto che il “Correttore della Lucania e del Bruzio”, Rullo Festo abbellì le Terme 75. Materiale ceramico di tipo africano e varie monete testimoniano l’attività del centro in questo lungo lasso di tempo. Di queste ultime sono state rinvenute: tre monete di Costantino II (317-40), tre di Costanzo II (348-361), due di Magnenzio (350-53), una di Giuliano (360- 63), una di Valente (364-78), una di Graziano (367-83), una di Arcadio (383- 408), una di Anastasio (491-518). Dopo il V sec. d.C. cominciò un’inarrestabile decadenza. Le invasioni barbariche dei Visigoti e degli Ostrogoti accelerarono il processo di abbandono del centro abitato. Il materiale archeologico relativo si dirada ed un’ultima testimonianza è rappresentata da una moneta d’argento di Eraclio del 613 (1/8 di siliqua). L’abbandono però di Grumentum, a nostro avviso, non avvenne all’improvviso e non ci fu una cesura netta nella sua vita. Essa si trascinò per 72 Gli archi sovrapposti su cui scorreva l’acqua del Castagneto sono ancora ben visibili nei pressi di Sarconi. I Grumentini chiamano Pilieri i resti di questi archi nei pressi di Grumentum. 73 Cfr. C.I.L. n. 322. 74 Nel 305, dopo la sua abdicazione Massimiano Erculio si ritirò nella sua villa di Grumentum. cfr. T. Pedio “La terra dei Liki” in Enc. Tuttitalia, Sansoni, pag. 314. 75 Cfr. C.I.L. n° 212 28 almeno tre secoli, che rappresentano una lunga zona grigia, per la quale non esistono testimonianze dirette. In questo periodo si ebbe una lenta dispersione dei Grumentini sul territorio circostante, prima, e in quello più lontano dopo, sotto la spinta dei nuovi invasori: Longobardi, Bizantini, Saraceni. Il processo di disgregazione, che fu necessariamente lungo e complesso, vide comunque il permanere in Grumentum (forse nella parte settentrionale del colle) di un ristretto numero di Grumentini, sotto la guida di un Vescovo, come è attestato da documenti “certi”, quale quello della lettera di Papa Pelagio al Vescovo grumentino Giuliano 76. L’abbandono definitivo avvenne agli inizi dell’XI sec. (come vedremo appresso) con la creazione, sul colle antistante, del nuovo borgo di Saponaria. 6. Economia e produzioni Abbiamo scarsissime notizie circa l’economia della colonia grumentina. Ciò non ci deve trarre in inganno facendoci supporre che essa dipendesse, sotto quest’aspetto, da realtà più forti quali la Campania e la costa ionica. Certo molti prodotti venivano importati anche da zone lontane, per via mare, come è documentato da reperti ceramici provenienti dall’Africa (Tunisia) e dall’area egea e rodiense (vedansi le anfore vinarie esposte al Museo). E’ da pensare però che buona parte della valle dell’Agri, ed anche oltre dipendesse economicamente da prodotti della colonia. Sicuramente esistevano fornaci per la produzione di suppellettili domestiche di terracotta come è attestato dal bollo M. Peren. di qualche reperto. Inoltre le stesse officine producevano laterizi per le abitazioni. Le scritte: M. Tressi Bassi, DO, Philomus, PD Augg., Q. Her., potrebbero essere altrettanti “bolli” di ditte locali 77. I lavori di scavo, nell’area occupata dal tempietto italico, hanno evidenziato la lavorazione anche di altri tipi di ceramica, più raffinata e per altri usi. Alcune lapidi e cippi, per la qualità della pietra, dimostrano che in zona vi erano cave e correlate attività di scalpellini. E’ documentata, altresì, la esistenza in loco di officine che producevano 76 Cfr. Cap. 11. 77 Vedasi esposizione Museo Nazionale. 29 tubazioni di piombo per gli impianti idrici pubblici e privati. Si conoscono i nomi di due fabbricanti di esse: Eperastus (tubazioni della Domus con mosaici) e Appio Rullo (tubazioni di raccolta delle acque della strada del Foro) 78. Nei pressi di Grumentum doveva prodursi anche dell’abbondante ed ottimo vino. Plinio nella sua Naturalis Historia 79 fa cenno a dei vini chiamati Lagarina, non procul Grumento nascentia. Essi erano, secondo lo scrittore latino, talmente buoni e salutari che avevano favorito la guarigione di Messala Potito. Molto si è discusso se i vini Lagarini si producessero effettivamente a Grumentum. Francesco Saverio Roselli ha tentato di dimostrare la produzione grumentina di detti vini sostenendo che le sue viti venivano coltivate in contrada Taversiti (oggi Traversiti) ove anticamente c’era un lago (di S. Giorgio) e dalla parola “lago” faceva derivare “lagarino” 80. Roselli sapeva benissimo che in latino “lago” era “lacus”, e quindi appare improponibile la derivazione. Noi riteniamo, supponendo verosimile la localizzazione proposta dallo storico grumentino, che la denominazione “Taversiti” deriverebbe da Tabernae situs (luogo della taverna vinaria) rendendo conto, quindi, della produzione del vino lagarino in quella località. Sicuramente sviluppato era l’allevamento di maiali ed ovini. Il Caputi argomentando sui prodotti lucani, insaccati di carne di maiale, attribuisce anche a quelli di Grumentum la loro fama (Lucanica insucia) 81. La lana delle pecore serviva per manufatti grezzi o lavorati per uso locale e per esportazione. La presenza, lungo le rive del fiume Sciaura, sin da tempi remotissimi 82, di alcuni mulini fa supporre che, anche in epoca romana, quelle acque fossero sfruttate per la molitura del grano e che quindi è presumibile, all’epoca, l’attività di alcuni Pistores (mugnai). Dalla Spagna e dall’Africa veniva invece importato il Garum (o salsa di pesce) di cui facevano uso abbondante i Patrizi romani. 78 Cfr. C.I.L. n. 236 ed esposizione Museo. 79 Cfr. Plinio “Naturalis Historia”, XIV, 68. 80 Cfr. F. S. Roselli, op. cit., pag. 26-7. 81 Cfr. F. P. Caputi, pag. 101. “Succidia” erano dette le carni salate che venivano fomite a Roma. 82 Cfr. G. Racioppi “Agiografia di S. Laverio” Append. n. 1, pag. 11. Donazione di un mulino alla chiesa di S. Antonino. “Molinendum quod habeo in Sciaura”. 30 7. Cenni sugli Storici ed Archeologi delle antichità grumentine. Il primo ad occuparsi delle vestigia di Grumentum fu uno studioso pugliese, A. Paglia, che tra il 1563 e il 1564 si spinse in Basilicata visitando Marsiconuovo e Saponaria 83. Egli rinvenne alcune lapidi ove sorgeva l’antica colonia romana e ne pubblicò il testo presso Aldo Manuzio in Venezia. Un cenno ad essa lo si riscontra nell’opera del 1601 di Paolo Emilio Santoro (Historia monasterii carbonensis, pag. 188) “Saponariae, quae Grumentum olim fuit, extantibus adhuc murorum vestigia”. Altri brevi riferimenti li ritroviamo nelle Adnotationes in Italiam antiquam Cluverii di L. Holstein del 1666. Solo verso la fine del XVII sec., sotto l’impulso agli studi storici dato dal dotto giurista saponariense Amato Danio, Gran Giudice della Vicaria in Napoli 84 , fiorì in Saponaria l’interesse per la ricerca archeologica su Grumentum. Iniziatore del nuovo filone di ricerca fu l’Arciprete Carlo Danio Ceramelli, nipote del predetto Amato, il quale a sue spese, dopo aver acquistato un appezzamento di terreno nei pressi del Capitolium, diede inizio ad una personale campagna di scavi che portò alla luce moltissime lapidi e numerosi altri reperti 85. Li raccolse nei due orti della sua casa, ove istituì una sorta di museo privato che egli chiamava Tesoro camerario, perché “poteva studiarvi attorno senza uscir di casa” 86. A lungo si è confuso il luogo di questa raccolta del Danio con l’orto sottostante all’avita casa dell’Arciprete in rione S. Rocco. E’ certo invece che esso trovavasi in via Roma di fronte alla casa municipale, sotto la cappella privata di S. Caterina dei Ceramelli87. Egli fu in corrispondenza con il napoletano Matteo Egizio (bibliotecario del Re), al quale inviò, prima del 1728, il testo di non meno di 41 epigrafi per la pubblicazione 88. I manoscritti sono andati dispersi ed invano gli studiosi sono andati alla ricerca di qualche scritto del Danio. 83 T. Pedio “Storia della storiografia lucana”, Osanna Venosa, pag. 26. 84 Vedasi cap. VI. 85 Per la vita di C. Danio vedasi cap. VI., pag. 149. 86 Cfr. F. P. Caputi, opuscolo “Il 18 Giugno in Saponara di Grumento-1882” Tip. Magaldi, Potenza, pag. 21, cortesemente fornitomi dall’ins. Florio Domenico. 87 Mommsen parla di “lapides in hortis olim Danii nunc Ceramelli”. Il Caputi a pagg. 126- 27 individua esattamente tali orti. 88 Una sua lettera del 10 Agosto 1728, conservata nell’Epistolario di Matteo Egizio, lo informa circa la provenienza delle lapidi da lui trascritte. Cfr. C.I.L., X, pagg. 27-8. 31 Per mera fortuna siamo riusciti a rintracciare nell’archivio privato di un prete defunto, alcuni fogli con la firma autografa del dotto Arciprete (vedasi foto sopra). Dalle ricerche del Danio deriva la prima pubblicazione organica su Grumentum del saponarese e contemporaneo, nonchè suo amico, Giacomo Antonio Del Monaco “Lettera intorno all’antica colonia di Grumento, oggidì detta la Saponara, indirizzata al sig. Matteo Egizio” del 25 Giugno 1713 89 Firma autografa di Carlo Danio (Copia del doc. nel nostro Archivio) A lui attinse altresì il lucchese Padre Sebastiano Paoli che, sceso in Saponara nel 1715 per far da precettore al Principe Luigi II Sanseverino, compose un Iter grumentinum, pubblicato in Napoli nel 1877 da G. Racioppi, con 32 epigrafi grumentine inedite. Nel 1732 lo storico Costantino Gatta, di Sala Consilina, nelle sue Memorie topografico-storiche della Provincia di Lucania, oltre a parecchie notizie interessanti su Saponara e sui Sanseverino, dedica alcune pagine, del tutto generiche alle antichità di Grumentum. Di maggiore spessore, e frutto di ricerche personali, l’opera del grumentino Francesco Saverio Roselli “Storia grumentina” del 1790. Nell’opera sono raccolte notizie di prima mano ed epigrafi che ancora si conservavano nel giardino del Danio. Forse si avvalse anche del manoscritto 89 Cfr. C.I.L., pag. 27 “...a Danianis copiis pendet Ioachimus Antonius Del Monaco”. Il Del Monaco faceva parte della corte del Principe Carlo Maria Sanseverino di Saponara. 32 redatto dall’Arciprete, che egli sicuramente aveva consultato. L’opera, anche se presenta alcune imperfezioni e disattenzioni, possiede una sua organicità ed è da considerarsi la prima veramente valida sul piano scientifico. Fu preceduta da due lettere (pubblicate nel 1779 e 1780) indirizzate a Bernardo Brussone, Feudatario di Marsicovetere, in cui illustrava del materiale archeologico rinvenuto a Grumentum. Spinto dal desiderio di magnificare la storia della sua patria, fece pubblicare una epigrafe apocrifa che dimostrava la provenienza da Grumentum di Ocello Lucano, filosofo pitagorico del VI sec. a.C. Il Mommsen, che pur si avvalse delle schede roselliane, lo rampognò aspramente per questo plagio e gli addebitò alcune nugas pueriles 90. Contemporaneamente al Roselli, lo storico e giurista saponarese Vito Isidoro Giliberti (4 Aprile 1756 da Giovanni e Teresa Giannantonio) Ufficiale della Reale Segreteria di Stato, pubblicò in Napoli nel 1790 Ricerche sulla patria di Ocello Lucano, opera molto apprezzata da Mario Pagano, ma che il Racioppi demolì, giudicandola inattendibile. Agli inizi del 1800, l’archeologo tramutolese Andrea Lombardi si occupò delle emergenze archeologiche grumentine in alcuni articoli inviati al Bollettino di Corrispondenza Archeologica (1830-1832) e nella sua opera La corona di Critonio- Viaggio tra le antiche città in Lucania. Nel Dicembre 1846, compiendo un lungo giro in Meridione per raccogliere le testimonianze epigrafiche latine, l’illustre studioso tedesco Theodoro Mommsen giunse in Saponara ove, accolto summa comitate et liberalitate 91, trascrisse le epigrafi residuali della raccolta del Danio (molte, egli dice, erano state trafugate) e quelle che riuscì a individuare sul territorio. Inserì tutto il materiale epigrafico nel volume X del suo monumentale “Corpus Inscriptionum Latinarum” del 1883. Nella seconda metà del 1800, l’arciprete di Saponara Francesco Paolo Caputi dedicò la sua attività di ricerca alla storia di Grumentum e tenne corrispondenza epistolare con Mommsen, cui inviò il testo di lapidi da lui rinvenute (due si conservano ancora nel giardino della sua casa in via Garibaldi). Pubblicò nel 1874 sulla rivista Il Risorgimento Lucano (numeri di Agosto e Settembre) 40 epigrafi venute alla luce dopo l’arrivo di Mommsen. I suoi studi sulle antichità grumentine culminarono nel 1902 con l’opera Tenue contributo alla storia di Grumento e di Saponara che apportò un notevole contributo per la conoscenza di Grumentum. Agli inizi del 1900, l’on. Francesco Perrone di Saponara, mise insieme, nel suo giardino di via Roma, un piccolo museo privato. 90 Cfr. C.I.L. pag. 28. 91 Cfr. C.I.L. ibid. 33 Dopo la sua morte la vedova Amelia Casilli, nel 1927 vendette allo Stato per il museo di Reggio Calabria, al prezzo di £ 25.000, sette reperti fra cui lo splendido bassorilievo del sacrificio di tori, rinvenuto nei pressi della Collegiata (vedi foto pag. 52) 92. Oggi nel giardino Perrone sono conservati la splendida statua acefala (la testa la fece aggiungere lui) di un Duoviro o di un Console ed alcuni reperti medioevali. Prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, Emilio Magaldi, di S. Chirico Raparo, condusse seri ed approfonditi studi sulla civiltà romana in Lucania, con particolare riguardo alla colonia di Grumentum. Pubblicò nel 1933-34 Note di archeologia grumentina e nel 1947 il compendio di tutto il suo lavoro Lucania romana (I parte), cui avrebbe dovuto seguire una seconda parte, che non è mai venuta alla luce. Nel 1951, promotore il Sindaco di Grumento Nova dott. Giuseppe La Rossa, coadiuvato dal cons. comunale Antonio Maiorino, venne costituito un apposito Comitato, composto da esperti ed autorità politico-amministrative, per promuovere il rilancio della campagna di scavi su Grumentum. L’azione diede i suoi frutti perché da quell’anno in poi, con C. P. Sestieri fu messo parzialmente in luce il Teatro, ancora nascosto sotto un cumulo di sassi e materiale vario. Nel 1964 fu istituita la Soprintendenza Archeologica per la Basilicata e venne chiamato a dirigerla l’illustre archeologo rumeno Dinu Adamesteanu. I lavori ripresero slancio: fu restaurato il Teatro e vennero eseguiti scavi sistematici nella parte meridionale e centrale dell’insediamento antico. Nel 1977 ad Adamesteanu subentrò Elena Lattanzi la quale promosse ed organizzò una importante mostra documentaria delle antichità grumentine: era la prima volta che il grosso pubblico dei non addetti ai lavori poteva rendersi conto delle visibili testimonianze della città romana. Nel 1981 le successe Angelo Bottini. Si deve all’archeologa Liliana Giardino, responsabile per Grumentum delle campagne di scavo dopo il 1969, la definizione delle caratteristiche fondamentali dell’impianto urbanistico della colonia. La sua attività è contenuta in saggi di estremo interesse scientifico, fra cui: “Grumentum: la ricerca archeologica in un centro antico” (1981) e “L’abitato di Grumentum in età repubblicana: problemi storici e topografici” (1987). 92 Cfr. Giovanna Bermond Montanari, Archeologia classica, 1958, 37-40 e cfr. Del Monaco Lettera a Matteo Egizio, Napoli 1713, pag. 15. 34 Dal 1969 in poi i lavori di esplorazione e di restauro si sono succeduti con cadenza annuale (fra cui quelli sull’Anfiteatro, effettuati con fondi della legge 449/87, diretti dall’arch. G. Morabito, dell’importo di 300 milioni ca.). Un’altra archeologa che si è particolarmente interessata allo studio dei problemi di Grumentum è Paola Bottini. A lei si deve, oltre ad attività di ricerca varie, il ritrovamento di quattro tombe e una stipe votiva nelle adiacenze della cosiddetta Basilica di S. Marco, su cui ha scritto il saggio: “Nuove ricerche nelle necropoli di Grumentum” (Boll. Storico Basil. 1990). Esistono, ancora oggi, nell’abitato di Grumento Nova, alcuni reperti provenienti da Grumentum: nel giardino Perrone di via Roma (oggi dei fratelli Caputi) la statua marmorea di un Pretore Duoviro (o forse di un Console), lungo la salita della chiesa madre, all’ingresso dell’orto di R. Vertunni, il fregio di una figura distesa sul triclinio e sei epigrafi (due in una abitazione privata di via Carlo Danio, C.I.L. 262 e 276, due nell’orto dell’Arciprete F. P. Caputi - C.I.L. 230 e 235, una nei pressi della chiesa madre - C.I.L. 254, una all’angolo dell’orto della sig.ra Taddeo Filomena, quest’ultima non catalogata dal Mommsen. Merito dell’Amministrazione comunale di Grumento Nova degli anni 1980- 85 è la progettazione e l’avvio dei lavori del Museo nazionale dell’Alta Val D’Agri che, per una serie di difficoltà burocratiche, dovute allo scioglimento della Cassa per il Mezzogiorno, è stato inaugurato solo il 16 Dicembre 1995. Di certo occorrerebbero ancora notevoli fondi per completare i lavori di scavo e di restauro dell’intero centro abitato, al fine di avere il quadro completo dei molti problemi storico-archeologici allo stato insoluti. 35 Grumentum-Area archeologica 36 CAPITOLO II DALLA DISTRUZIONE DI GRUMENTUM ALLA FONDAZIONE DI SAPONARIA 1. S. Laverio e l’istituzione della Sede Vescovile. Il progressivo diffondersi del Cristianesimo nell’Impero Romano portò, anche nell’antica Colonia di Grumentum, la parola del Vangelo ad opera di uno dei primi Martiri cristiani: S. Laverio. “S. Laverius, primus Lucanie martyr”, recita la scritta della stampa dell’abate Bonifacio Petrone, del 1729. La vita del Santo, fu narrata nel 1162 dal diacono della Chiesa di Saponaria, Roberto de Romana ed era contenuta in un codice pergamenaceo della Chiesa Collegiata, andato smarrito dopo la morte di C. Danio. Tralasciando l’analisi di tutte le contraddizioni storiche di questo testo e le aggiunte posteriori rilevate dal Racioppi1, ci limiteremo a dire che S. Laverio visse ai tempi di Costantino Magno (275-337) e che nato a Tergia 2, venne a Grumentum nel 312 d.C., guidato (secondo l’Agiografia del De Romana) da 1 Cfr. G. Racioppi “Fonti della storia basilicatese - L’agiografia di S. Laverio del MCLXII”, Roma Tip. Barbera 1881. Il testo dell’agiografia di Roberto de Romana (uno dei primi Arcipreti di Saponara), seguito dal Racioppi, era una copia di terza mano inserita nel manoscritto di proprietà dell’avv. Vincenzo Ramaglia, discendente di Niccolò Ramaglia. L’originale fu copiato, su incarico dell’Arciprete Giovan Francesco Danio, prima del 1650, dal notaio saponarese Marcus de Giannone ed inviato a Ferdinando Ughelli che lo pubblicò nella sua opera “Italia sacra sive de Episcopis Italiae”, Venezia 1659 (vol. VII, sotto la voce “Marsicani Episcopi” pag.488). La copia di cui si servì l’Ughelli trovasi nella Biblioteca Vaticana al n. 5 del Codice barberiniano 3207(Fogg. 65-73). Abbiamo scoperto, consultando la pergamena n. 60 (Cfr. A. S. PZ.) della Collegiata di S. Antonino che il notaio Marco Giannone, di cui c’è l’attestazione sul retro, è lo stesso che trascrisse la copia inviata all’Ughelli dall’Arciprete. Una copia microfilmata del Codice barberiniano é in nostro possesso e ne cureremo un’edizione a parte. 2 Il Racioppi identifica Tergia con La Terza, presso Acerenza. Altri con Tegianum (Teggiano) o Tergis in Africa. La prima sembrerebbe la più attendibile in quanto dopo 1’878 il Vescovo di Acerenza (Pietro, secondo il Di Meo, Rodolfo, secondo l’Ughelli) sarebbe venuto a Grumentum (secondo l’agiografia laveriana) a recuperare il corpo del Santo, dopo la prima distruzione di Grumentum da parte dei Saraceni. 37 un Angelo che lo aveva liberato dalle carceri di Acerenza, ove era stato dato in pasto alle fiere. Il Santo, dopo aver annunciato il Vangelo ai Grumentini il 15 Agosto del 312 d.C., ovvero il giorno dell’Assunzione, perseguitato dal Prefetto di Acerenza Agrippa, venne decapitato il 17 novembre, dello stesso anno, non lontano dalle mura di Grumentum, nel luogo dove i due fiumi Agri e Sciaura si incontrano 3. In un periodo di poco anteriore (a. 258 d.C.) si colloca il passaggio per Grumentum dei dodici fratelli martiri, figli di Bonifacio e Tecla, che da Adrumetum, città dell’Africa, vennero condotti dal proconsole Valeriano a Potenza, ove alcuni di essi vennero decapitati. Fra di essi, oltre a San Felice, si ricordano i martiri Oronzio, Onorato, Fortunaziano, Sabiniano, Settimio, Gianuario, Donato, Vitale, Saturo, Secondo e Reposito. Si leggeva nel manoscritto della “Vita et martyrium Sanctorum duodecim fratrum”, una volta conservato presso la Chiesa cattedrale di Potenza, “...profecti Grumentum et die altero Marcillianam properantes, deinde civitatem venerunt Potentiam”4. Dopo l’arrivo di S. Laverio a Grumentum, cominciò ad affermarsi anche nell’antica colonia romana (favorita dall’editto di Costantino del 313), la religione cristiana. Ne sono testimonianza i resti della chiesetta di S. Laverio, lo stretto e lungo cunicolo sotto il fiume Agri e i ruderi della chiesa di S. Maria Assunta, costruita entro la cerchia delle mura romane di Grumentum. Il piccolo edificio dedicato a S. Laverio fu edificato nello stesso luogo ove il Santo subì il martirio, poco dopo l’anno 326: “... in onorem ipsius a fideli populo grumentino ecclesia mirae aedificationis constructa est... Paulo post cum iam Costantinus Augustus a beato Silvestro Papa baptizatus (anno 326)”5 (vedasi foto ultima pag. capitolo XI). Nel medesimo periodo, forse, fu costruita la galleria sotto il fiume Agri, che, dalla zona della Giudèa portava sulla riva sinistra del fiume (laddove venne edificato poi il Santuario della Madonna del Grumentino o Salus Infirmorum). Essa evidentemente doveva servire per sfuggire alla furia dei 3 Del martirio del Santo, oltre a quanto scritto dal Roselli (cfr. “Storia grumentina”, 1790 pag. 87) era notizia in una lapide trascritta dal Mommsen, che recitava: “D.O.M. imp. M. Flavio Valerio Constant. Laverio Christi martyri Tergiae, ex nobili Achileo nato, Acheruntiae carcerib. Mancipato ab angelo inde vinculis soluto huc Grumentum misso fedem praedicandam post doctum Evangelium capite truncato martirium hoc in loco perpesso doctori et patri grumentinus populus publico aere dicavit”. (Cfr. T. Mommsen, op. cit. X, la, n. 20). 4 Antonino Tripepi “Curiosità storiche della Basilicata” Forni rist. 1982, pag. 79-80. 5 Cfr. F. Ughelli, op. cit., vol. VII, pag. 493. 38 pagani che a Grumentum, come altrove, continuavano a perseguitare i cristiani 6 ( vedi foto alla pagina successiva). L’edificazione della Chiesa di S. Maria Assunta si colloca intorno al 350-55 d.C., quando già la nuova religione aveva messo radici a Grumentum 7. Situata nella parte nord-ovest della città, era costituita da cinque corpi architettonici 8. Ridotta oggi a pochi, miseri resti, sino agli inizi del 1900 conservava sulla facciata una lapide del 1617 che, secondo il Caputi, va interpretata “Templum Assumptae deiparae beatae dovotum” 9. Abbiamo rinvenuto, in un luogo alquanto decentrato, la metà di una lapide (unica oggi esistente dell’antica chiesa) con la cifra AX MS (Axunta Maria Sancta) 10. Secondo Roberto De Romana, ivi venne istituita nel 370, da Papa Damaso (366-384), la sede vescovile di Grumentum e nominato Vescovo Sempronio Atone. E’ probabile, però, che la istituzione della Diocesi grumentina risalga addirittura agli anni 358-60, giacché si ha notizia di un Vescovo di nome Tulliano 11. Lapide S. Maria Assunta (F.P. Caputi) Lapide di Di Parsia Antonio Chiesa di Santa Maria Assunta 6 Cfr. Andrea Lombardi “La corona di Critonio - Viaggio tra le antiche città in Lucania”, Venosa, Osanna, rist. pag. 84. 7 Cfr. G. Racioppi, Agiogr., cit., pag. 136. La fonte più antica che cita questa chiesa è in una epistola di Papa Gregorio (590 - 604) (Reg: X, 49). “Luminosus... quia servum Sanctae Mariae, quod est parochiae grumentinae”. 8 Cfr. Roselli, op. cit., pag. 90-91. Venne consacrata sotto il titolo di S. Maria Assunta perché i Grumentini furono convertiti da S. Laverio nel giorno dell’Assunta. 9 F.P. Caputi, op. cit., pag. 156. 10 Abbiamo anche individuato, fra l’ammasso di macerie ricoperte da rovi, un piccolo frammento pittorico, il quale rappresenta l’unica testimonianza che esse fossero una chiesa (vedi foto nell’inserto a colori). 11 L’unica fonte che cita Papa Damaso in relazione alla Diocesi di Grumentum è l’Agiografia del De Romana (cfr. Ughelli, pag. 494) “Qua re Damasus Papa sanctissimus sedem costituit episcopalem”. Vedasi in proposito P.F. Kehr “Italia pontificia”, Bertolini, 1935 “ubi (Grumentum) priscis temporibus sedem episcopalem fuisse probant documenta saeculi V - VI”. 39 Niccolò Ramaglia cita il testo di una lapide che riporta il catalogo dei 18 Vescovi grumentini che seguirono Sempronio Atone.12 D Di questi vescovi non abbiamo alcun documento, ad eccezione, di due lettere di Papa Pelagio II (555-561) entrambe del 556, indirizzate al Vescovo grumentino Giuliano e al Vescovo potentino Pietro. Nella prima si parla del diacono grumentino Latino de Theodora, proposto come vescovo nella sede di Marcellianum, nella seconda si sollecita l’andata a Roma di Latino per avere il crisma papale e si raccomanda che egli si munisca delle lettere di dimissioni dalla sua chiesa, vistate dal vescovo Giuliano 13. Imbocco della galleria nei pressi del fiume Agri Inspiegabile appare, invece, il silenzio documentale successivo. Ad un non meglio identificato Leo Episcopus Grumentinus accenna Paolo Emilio Santoro alla pag. 7 della sua opera, quale benefattore del Monastero di Carbone. Per il Vescovo Tulliano cfr. Enciclopedia cattolica “Nel 358-60 vi fu il Vescovo Tulliano. (Jaffè - Wattembach, 1015)”. 12 Cfr. Niccolò Ramaglia “Memorie grumentine saponariensi”, manoscritto del 1736 giacente presso la biblioteca municipale di Moliterno, cap. III. Questi i successori di S. Atone: Vincentius Libertinus, Antenius Pacoma, Januarius Geruntia, Fortunatus Asseria, Leander Saverius, Baldassar Lemna, Petrus Adelphus, Michael Politianus, Joannes Caesarus, Julianus Patoma, Natius Goffrido, Silvester Basilio, Lucentius Lemna, Bonifacius Quintinus, Ippolitus Antemia, Paulus Azimira, Alexander Arduinus, Rodulfus Alanus. Il Racioppi (op. cit. pag. 42) dubita fortemente della sua autenticità perché “Nei tempi nei quali quei Vescovi si dicono vissuti non era ancora invalso l’uso dei nomi di famiglia, ovvero i Casati”. 13 Cfr. Ughelli, op. cit., vol. VII, pag. 486 “Docet Pelagii II, apud Ivonem, in Decret, parte 6, ca, 112, rescriptum Juliano Episcopo grumentino”. 40 2. Gli assalti saraceni e la diaspora dei Grumentini. Nell’Agiografia di S. Laverio il primo assalto saraceno a Grumentum è collocato sotto il pontificato di Giovanni VIII (872-882): “Urbs grumentina a Saracenis irruentibus eodem tempore obsessa, capta, devastata... cum magna populi clade funditus... eversa fuit Pontificatum tenente Joanne VIII”14. Tale evento può essere collocato intorno all’anno 878 ed in tale anno i Grumentini cominciarono a disperdersi sul territorio. Placatasi la furia del primo assalto, essi tornarono ad abitare ciò che restava di Grumentum e i luoghi vicini. Difatti la città romana risulta ancora in piedi nell’anno 896 15, allorquando si verificò la seconda scorreria saracena, a seguito della quale si accentuò la dispersione dei Grumentini (iterum latitare coguntur). Nonostante ciò un esiguo gruppo di essi continuò a permanere in Grumentum. Il Chronicon Cavense ci da notizia della sua sopravvivenza ancora negli anni 915 e 971 16. Infine la città, o meglio ciò che di essa rimaneva, fu definitivamente distrutta nel 1031 17. Dal primo episodio distruttivo sino all’ultimo, intercorre un periodo di circa un secolo e mezzo. E’ in questo arco di tempo che si colloca l’inesorabile declino di quella che, insieme a Venosa, era stata la più importante colonia romana in Lucania, sia per l’importanza strategica sia per l’impulso di aggregazione che aveva esercitato nei confronti dei popoli vicini. Abbiamo, però, nel capitolo primo accennato che in Grumentum, sulla base delle testimonianze archeologiche, agli inizi del VII sec. d.C. cessò ogni forma di vita. Tale constatazione è inconciliabile con le fonti storiche, dianzi citate, che parlano della sopravvivenza della città romana sino alla fine del X sec. d.C. Non resta che ipotizzare una prima dispersione dei Grumentini in luoghi vicini, già dopo la fine del V sec. a seguito delle invasioni gotiche ed il permanere di una parte di essi nella parte settentrionale del colle. 14 Cfr. Ughelli, op. cit., pag. 494. 15 Cfr. Chronicon Cavense ovvero “Chronicon sacri monasterii S. Trinitatis cavensis” in “Historia Principum longobardorum”, Ed. Pellegrino, Napoli 1753, Vol. IV, Anno 896. La notizia concorda con un passo dell’Agiografia (cfr. Ughelli pag. 495, la col.) “Il popolo non fu più afflitto dagli assalti (saraceni) se ne stava tranquillo ed abitava Grumenti ruinas ac adjacentia loca. 16 Cfr. Chronicon C., Anno 915 “...Locrea expoliata et dectructa a Saracenis, qui Principatum (di Salerno) infestantes, a Guaimario in Grumento occisi sunt et captivati per insidias, quando reversi sunt”. (pag. 408). 17 Cfr. Chronicon C., Anno 1031 “Saraceni comprehenderunt Cassianum, Grumentum et Pla nulam ubi novum castrum fecerunt ab eorum nomine Castrum Saracenum vocatum”, pag. 435. 41
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