Il leggendario ... Mondo del Parco! Calendario 2026 La storia comincia così... ... un’ispirazione in una notte d’agosto guardando le stelle e pensando alla Via Lattea e alla sua etimologia legata all’antica mitologia greca. Da lì parte l’idea: nasce, cresce e poi diventa realtà, perché da sempre il latte fermenta insieme a miti e leggende. Un universo magico che si trasforma in un viaggio nel tempo intorno al mondo dei formaggi, popolato da pastori e dei, artisti e naviganti, regine e casari .. questo è il calendario 2026 de “IL PARCO”. Scoprirete come il formaggio non è solo cibo: è tradizione, storia, radici ma anche magia. Il Latte è ponte tra l’uomo e il mistero, nel Formaggio si nasconde l’anima del tempo.. Le sue origini risalgono a epoche lontane, attraversa mondi, culture e tavole di ogni popolo, porta con sé il gusto, il profumo ed un’aura di mistero come solo le antiche leggende sanno custodire, capaci di nutrire non solo il corpo ma anche l’anima. Le storie che accompagnano ogni mese di questo Calendario 2026 de “Il Parco” raccontano di come il formaggio sia simbolo di ciò che accende l’immaginazione e tiene viva la memoria di una passione ancestrale. La stessa passione di un uomo che, per anni, si diceva avesse il latte a scorrere nelle vene al posto del sangue. Ha trasformato il suo mestiere in un’arte, tramandandocela con grande amore e con una delle sue perle di saggezza: “Insieme possiamo andare lontano!”. Così diceva il nostro mitico Nonno Peppe! E questa, però, non è una leggenda: è l’inizio della nostra avventura. Adesso, buon viaggio a tutti intorno al “Leggendario Mondo del Parco!” Ringraziamenti: Il “Leggendario Mondo del Parco” non potrebbe mai essere stato tale senza i suoi fantastici aiutanti! È perciò doveroso ringraziare i compagni di avventura che hanno reso unico il calendario 2026 de “IL PARCO”. Primi fra tutti sono i bambini protagonisti e le loro famiglie, fedeli alleati! Persone come Nicola, Francesco e Grazia, Lucia, Tina, Filomena e Michele, Andrea e Annalisa, Raffaele e Valeria, Ilaria, Giusi, Carlo, Angelo, Matteo e Graziana, Martina e Paolo, Diego e Luisa della Sartoria Shangrillà, Deliana, Aurora e Letizia, Pina e Federica, la macelleria di San Giovanni Rotondo da Angela e Mimmo, Chef Max della Tenuta Chianchito, Giuseppe di Chichino Pane, la Masseria Macerone, Alberto del Pastificio Elite, la Pasticceria Dolci Tentazioni, La Frutteria, i Tipografi Dauni e Vittorio ... e tutti coloro, attori in scena e dietro le quinte, piccoli e grandi, visibili e invisibili (anche in COPERTINA!) che non sono solo parte integrante del progetto ma figure indispensabili per la riuscita di questa opera... d’arte, d’amicizia e d’incredibile magia! Ringraziamo cosi tutte le “favolose creature” che hanno contribuito alla realizzazione di questa impresa leggendaria, magistralmente guidati da Grazia, Dino e Francesca! Colombo e l’alba di un Nuovo Mondo Narrano i cronisti di Corte che, al ritorno dal Nuovo Mondo, Cristoforo Colombo venne accolto trionfalmente dai Sovrani Spagnoli, i quali rimasero sbalorditi da tutte le meraviglie che il grande navigatore aveva scoperto e portato loro in dono. E non parliamo solo dell’oro, degli indigeni e degli animali delle foreste d’oltreoceano, ma soprattutto di frutti sconosciuti agli occhi dell’Europa, tra cui patate, mais, cacao, ananas... e finalmente il POMODORO! I profumi si sparsero e i racconti cominciarono... Colombo raccontò delle sue gesta e di come i suoi uomini, per restare saldi nello spirito e nel braccio, vivevano di Cacio e Pepe, piatto povero e fiero, fatto solo di pasta dura, pepe pestato e cacio stagionato. Poi, con stupore mai visto a corte, Colombo mostrò un altro prodigio: la CAPRESE! Parve che il sole e la luna si fossero incontrati sulla stessa tavola... una perla bianca chiamata MOZZARELLA, dono delle bufale del Sud Italia, baciata dal frutto rosso dell’occidente, il pomodoro. Fu allora che i cronisti scrissero: “Non fu la conquista delle terre, ma la fusione delle tavole... a cambiare per sempre il destino del mondo.” Le piramidi: il capolavoro del Farone Snefru Prima che la sabbia del deserto imparasse il nome delle piramidi.. prima che gli uomini scoprissero che l’immortalità si può costruire.. ci fu un Faraone che dedicò tutta la sua vita alla ricerca della forma perfetta dell’eternità. Il suo nome era Snefru, padre del più famoso Cheope, seguito da Chefren e Micerino, i sovrani com - mittenti delle tre famosissime Piramidi di Giza, divenne una tradizione di famiglia! Ma Snefru non fu da meno e si fece costruire non una ma ben tre piramidi, volle tentare l’impossibile per arrivare alla perfezione di un monumento capace di sfidare il tempo. Prima nacque la piramide romboidale, poi quella a gradoni ma tutti gli sforzi del venerabile Imennak, architetto del Faraone, risultavano inutili: Snefru non era soddisfatto. Ci voleva una divina ispirazione, così che il venerabile pregò la sua Dea preferita, la divina Bastet, protettrice dei gatti a lui tanto cari. Lei lo esaudì, accadde durante un banchetto solare: davanti al Farone venne servita la Ricotta Sacra, cibo degli Dei, modellanta in cestelli di lino cerimoniale, candita, lucente e perfettamente inclinata verso il cielo. Snefru la guardò e disse al suo architetto: “Fino ad ora non mi avevi ancora portato una piramide, ma solo geometria. Questa invece parla al sole, è lei la forma perfetta!” Così nacque la più antica delle piramidi che conosciamo in Egitto: il successo di un progetto straordinario, simbolo della grandezza dell’antica civiltà Egizia. SA N GIOVANNI RO TONDO Pura magia Da secoli, leggende e folklore raccontano che gli abitanti del Piccolo Popolo hanno sempre avuto una strana passione per il latte e i latticini. In effetti, le storie di fate e folletti ruotano spesso attorno al latte rubato, alle mungiture misteriose e ai formaggi incantati... La domanda è: che cosa ci facevano con tutto quel latte rubato? Il folklore britannico risponde con semplicità: lo bevevano e, con ciò che restava, producevano formaggi fatati! Con un colpo di bacchetta magica, il latte si trasformava in deliziosi formaggi, dagli erbo - rinati agli stagionati, dai molli a tutte le altre varietà che la loro fantasia suggeriva: tondi, piccoli, grandi, quadrati... che spettacolo! Ma fate e folletti non erano soltanto spiritelli dispettosi e ingegnosi: per farsi perdonare delle loro marachelle notturne, erano soliti appendere agli alberi del bosco svariate forme e pezzi di formaggi di loro produzione. La leggenda continua e narra che i viaggiatori che avevano la fortuna di trovarli e di mangiarli venivano subito baciati dalla buona sorte! Come spiegare il segreto della fermenta - zione del latte che misteriosamente si trasforma in formaggio? Pura magia... La regina delle pizze Il sole batteva dorato sulla Reggia di Capodimonte quando la carrozza reale fece il suo ingresso. I cavalli bianchi scalpitavano, e il corteo si aprì in due ali di popolo mentre la Regina Margherita di Savoia, al fianco del Re Umberto I e del giovane Principino, giunsero alla Reggia. Tutto il circondario tremò di gioia al suono delle campane, e fu deciso che, per onorare la Sovrana, si sarebbe allestito un banchetto degno dell’antica capitale del Regno. Furono mandati a chiamare i migliori cuochi di Napoli. Davanti alla Regina, inginocchiati con orgoglio, si presentarono i tre prescelti: il pescatore, con il frutto del mare; la maccheronaia, con la pasta fumante; e lui, il pizzaiolo, che reggeva una rotonda meraviglia, una pizza semplicissima: un velo rosso di pomodoro, bianca mozzarella di bufala fusa, e tre foglie di basilico, verdi come la speranza... i colori dell’Italia nuova. Il profumo era canto, la forma era sole. E proprio in quell’istante accadde: uno scugnizzo di strada, agile come un gatto, con un sol balzo afferrò una pizza intera e la strinse tra le braccia, pronto a fuggire. Si dice che la Regina non si scompose; anzi, rise: «Se l’ha presa il popolo, allora è davvero buona! Questa pizza porterà il mio nome: Pizza Regina Margherita!» Leonardo da Vinci: genio anche in cucina Si narra che, negli anni in cui Leonardo da Vinci serviva Ludovico il Moro non come pittore o ingegnere, bensì come maestro di banchetti, da grande appassionato anche di arte culinaria qual era, egli restasse affascinato dalle abitudini degli operai del cantiere del Castello Sforzesco. Osservava come gli scalpellini, troppo impegnati per sedersi a tavola, racchiudessero carne, erbe e formaggio fra due fette di pane piatto e continuassero a lavorare senza interrompersi. Annotò allora: “Il nutrirsi non deve arrestare il pensare.”L’idea germinò nella sua mente con rapidità geniale. Nacque così un esperimento: farcire un pane morbido con gli ortaggi più genuini, le creme più saporite, la nobile Treccia di Bufala, uniti insieme dall’olio d’oliva più dorato. Lo servì orgoglioso a Ludovico come fosse un’opera d’arte, da osservare tanto quanto da mangiare. E così, nella leggenda, il panino fu l’ennesima invenzione del genio di Leonardo, pensato per stupire e deliziare al tempo stesso occhi e pance, senza perder tempo. Un cibo che non pretende un trono, ma lo segue! “Pane, amore e fantasia” Tradizione vuole che, in un piccolo borgo della Puglia, vivesse una massaia di nome Carmela. Ogni giorno, la sua casa profuma - va di pane appena sfornato, perché suo marito, Pasquale, era il miglior panettiere del paese. Un pomeriggio, Pasquale, dopo una lunga giornata di lavoro, si addormentò profondamente, con la sua pancia gonfia e arrotondata come un piccolo monte di farina. Carmela, invece, doveva preparare da mangiare per la famiglia, ma la dispensa era quasi vuota. Solo qualche avanzo di impasto del pane, qualche mozzarella, pomodori, basilico e olio. Con ingegno e creatività, prese l’impasto, lo stese, lo riempì con ciò che aveva e lo chiuse con cura, formando una mezza luna morbida e tonda. Quando finì, osservò il marito addormen - tato: la forma ricordava proprio la pancia rotonda e beata di Pasquale! Con un sorriso disse: «da oggi, questa mezza luna si chiamerà... PANZEROTTO.» Croccante fuori e morbido dentro, avanzi trasformati in bontà con tanto tanto amore... ancora oggi, il panzerotto regala sogni ad ogni morso! Il dono degli dei Secondo la mitologia greca, prima che l’uomo imparasse a dominare il fuoco e il latte, gli Dei dell’Olimpo banchettavano con cibi che nessun mortale avrebbe mai potuto immaginare. Tra questi, il più sacro di tutti era la Divina Mozzarella di Bufala. La delicata arte di plasmare il latte in perle d’aurora era opera delle Ninfe delle Acque, creature silenziose che danzavano tra i fiumi e i ruscelli dove le più antiche bufale pascolavano. Gli Dei, affascinati dalla purezza di quell’arte, scelsero un solo mortale a cui donare il “segreto bianco”: Aristeo, figlio della sapienza agreste. Egli venne guidato da una Ninfa luminosa nel gesto sacro della Mozzatura, che trasformava il latte in candide sfere come lune appena nate. E fu durante un Banchetto Celeste che gli Dei, in festa, liberi e radiosi, mossi dalla gioia che quelle “perle vive” regalavano, decisero di condividere con tutti gli umani lo stesso cibo. Si avvicinarono ad un uomo ed a una donna, e porsero loro il più sacro mistero celeste. Questi lo accolsero estasiati, con - sapevoli che da quel momento anche sulla Terra si poteva assaporare la Divina Mozzarella di Bufala. La gioia delle feste siciliane Si racconta, tra le colline e i carrubi della Sicilia, di un sapiente casaro famoso per la maestria con cui realizzata i Caci Figu - rati, quei formaggi che erano piccoli capolavori pronti a decorare le feste. Mentre lavorava, con mani esperte, insegnava anche ai suoi figli quell’arte che trasformava il latte in simpatiche bontà! Le mani dei bambini modellavano i caci in forme buffe e straordinarie, il profumo del latte fresco e le loro risate riempivano la valle. Mescolando gioco e lavoro, ogni diverso cacio diventava un piccolo incantesimo di allegria. Nel frattempo, la moglie del casaro custodiva le tradizioni più antiche: accoglieva i passanti, figure sacre e leggendarie, che pare si fermassero ad ammirare e benedire i caci prima che venissero portati ad ornare i festosi carri Siciliani. Ogni cacio figurato portava con sé il profumo della terra, della famiglia e un pezzo di leggenda. Da allora, si dice che, chiunque assaggia un cacio durante una festa non mangia solo formaggio ma storie, risate ed un pizzico di infanzia. Evviva gli sposi! Molti anni fa, in un paesino pugliese, viveva un casaro di nome Donato, famoso per la sua abilità nel lavorare il latte. Sua figlia, Lucia, stava per sposarsi, e Donato voleva farle un dono speciale: qualcosa che portasse fortuna, gioia e abbondanza nel suo matrimonio. Dopo giorni di pensieri e prove, Donato ebbe un’idea geniale. Preparò una grande burrata, più grande di qualsiasi altra mai vista, e la riempì di panna fresca. Ma la vera sorpresa era nascosta nel cuore della burrata: al posto della classica stracciatella, mise tante piccole mozzarelline. Il giorno del matrimonio, tutti rimasero senza fiato quando, al taglio della grande burrata, iniziarono a fuoriuscire le mozzarelline, come piccole sorprese pronte a saltare tra le mani degli invitati. I bambini si riunirono intorno al tavolo cercando di acchiapparle, mentre gli adulti ammiravano l’ingegno e la bellezza di quella nuova creazione. La burrata fu chiamata “Figliata”, perché simboleggiava fortuna, abbondanza e prosperità: ogni piccola mozzarella era come un augurio per i futuri giorni degli sposi, e l’abbondanza della panna rappresentava la ricchezza di affetto e di gioia che li avrebbe accompagnati per tutta la vita. Intreccio d’amore C’era una volta, in un regno lontano, una bellissima Principessa di nome Alba, famosa per i suoi lunghi capelli dorati, intrec - ciati ogni mattina come un’opera d’arte. Giunse il giorno in cui il Re e la Regina convocarono pretendenti da ogni confine per far maritare la loro figliola: principi, cavalieri, nobili d’Oriente... ciascuno con doni sfavillanti: cofanetti di gemme, sete ricamate, offerte d’oro... Ma lo sguardo della Principessa Alba si accese solo quando vide Iacopo, un giovane contadino, umile, vestito di panno semplice, che si inginocchiò davanti a lei. Non le offrì né oro né corone, ma una splendida Treccia di mozzarella fresca, chiara e pura, fatta con le sue stesse mani. La dedizione nel voler onorare la perfetta forma dei suoi capelli intrecciati commosse la principessa molto più della ricchezza. Da allora, in quel regno, si dice che il dono più nobile non sia ciò che abbaglia, ma ciò che somiglia al cuore di chi lo riceve. E fu così che, in ogni banchetto solenne, al centro della tavola vi fu sempre una regale Treccia di Bufala, a ricordare quell’intreccio d’amore. Crescete e moltiplicatevi In un paesello nascosto tra antichi uliveti, si raccontava che ogni nascita fosse un lieto evento, degno di una festa ca - pace di unire tutta la comunità. Era usanza, quando un bambino veniva al mondo, che la numerosa famiglia ricevesse in dono un Caciocavallo, un formaggio speciale che aveva il potere di proteggere il neonato da ogni male e di attrarre gioia, salute e prosperità. Chi assaggiava anche solo un pezzetto di quel formaggio, dicevano, avrebbe ricevuto la for - tuna di vivere con cuore puro e coraggioso. Con il passare degli anni, la leggenda divenne una tradizione: le famiglie si radunavano, i bambini giocavano e ridevano tra caciocavalli e tavole imbandite, con la benedizione di Don Antonio! E si narra che ancora oggi, nei paesi dove questa tradizione sopravvive, vedere un caciocavallo portato in dono a un neonato significhi l’inizio di una nuova era di felicità e fortuna per tutta la comunità. Il segreto dei vichinghi Ancora oggi, nei villaggi più remoti della Norvegia, qualcuno sussurra che il vero potere dei Vichinghi non provenisse solo dal fuoco, dalla disciplina o dalle spade, ma da ciò di cui si nutrivano e dall’antica fedeltà al latte delle proprie mandrie. Prima delle battaglie, nei loro banchetti, non c’era il vino, ma “la forza del latte”. Le madri del Nord non svezzavano i figli con il pane, ma con Latte, Burro e Formaggi. Si spiegavano così la loro struttura massiccia, la resistenza fisica e persino la loro smagliante dentatura: il segreto era nel calcio del latte, nel grasso del burro e nelle proteine dei formaggi. Le lance rimbalzavano sulle braccia nude dei guerrieri, ed i colpi non piegavano le loro ginocchia. Da qui nacque la voce, poi dive - nuta leggenda, che i Vichinghi non combattevano col fuoco... ma con il latte delle montagne del Nord! Il latte era la loro arma silenziosa, il burro la loro armatura, il formaggio la loro provvista di immortalità! E così, tra il gelo e le tempeste, la “forza bianca del Nord” divenne il più antico segreto dei figli di Odino. È severamente vietata qualsiasi riproduzione anche parziale di parti, foto o testi contenuti nel calendario.