LUOGHI E PAESAGGI Collana del Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica dell’Università degli Studi di Firenze 1 Luoghi e paesaggi in Italia a cura di Giulio Gino Rizzo e Antonella Valentini Firenze University Press 2004 D OTTORATO DI R ICERCA IN P ROGETTAZIONE P AESISTICA D IPARTIMENTO DI U RBANISTICA E P ROGETTAZIONE DEL T ERRITORIO U NIVERSITÀ DEGLI S TUDI DI F IRENZE <http://www.unifi.it/drprogettazionepaesistica> C OORDINATORE : Prof. Arch. Giulio G. Rizzo C OLLEGIO DOCENTI : Prof. Arch. Giulio G. Rizzo, Università di Firenze Prof. Arch. Antonello Boatti, Politecnico di Milano Prof. Arch. Augusto Boggiano, Università di Firenze Prof. Arch. Carlo Buffa di Perrero, Politecnico di Torino Prof. Arch. Gabriele Corsani, Università di Firenze Prof. Arch. Pompeo Fabbri, Politecnico di Torino Prof. Arch. Guido Ferrara, Università di Firenze Prof. Carlo Alberto Garzonio, Università di Firenze Prof. Arch. Attilia Peano, Politecnico di Torino Prof. Arch. Mariella Zoppi, Università di Firenze Prof. Arch. Cristina Trev, Politecnico di Milano Prof. Arch. Danilo Palazzo, Politecnico di Milano D OTTORI DI RICERCA : Dott. Arch. Adele Caucci Dott. Arch. Luigi Latini Dott. Arch. Gabriele Paolinelli Dott. Arch. Claudia Cassatella Dott. Arch. Alessandra Cazzola Dott. Arch. Enrica Dall’Ara Dott. Arch. Yuritza Mendoza Garcia Dott. Arch. Maristella Storti D OTTORANDI : Dott. Arch. Giorgio Costa Dott. Arch. Michele Ercolini Dott. Arch. Laura Ferrari Dott. Arch. Francesca Finotto Dott. Arch. Anna Lambertini Dott. Arch. Paola Marzorati Dott. Arch. Tessa Matteini Dott. Arch. Michela Saragoni Dott. Arc. Simona Olivieri Dott. Arch. Silvia Mantovani Dott. Arch. Andrea Meli Dott. Arch. Emanuela Morelli Dott. Arch. Sabrina Tozzini Dott. Arch. Antonella Valentini U NIVERSITÀ ASSOCIATE : Politecnico di Milano Politecnico di Torino Contributi presentati in occasione di Configurando Espacios, IV Encuentro Internacional de Arquitectura en Video , Universidad Michoacana de San Nicolás de Hidalgo Morelia (México), 16-18 mayo 2002. Copertina di Anna Lambertini Luoghi e paesaggi in Italia / a cura di Giulio Gino Rizzo e Antonella Valentini. – Firenze : Firenze university press, 2004. (Luoghi e paesaggi : collana del Dottorato di Ricerca in Progettazione Paesistica dell’Università degli Studi di Firenze, 1) http://digital.casalini.it/8884531446 Stampa a richiesta disponibile su http://epress.unifi.it ISBN 88-8453-144-6 (online) ISBN 88-8453-143-8 (print) 712.0945 (ed. 20) Architettura del paesaggio - Italia © 2004 Firenze University Press Università degli Studi di Firenze Firenze University Press Borgo Albizi, 28, 50122 Firenze, Italy http://epress.unifi.it/ Printed in Italy I NTRODUZIONE 11 Giulio G. Rizzo PARCHI E PAESAGGIO 15 Andrea Meli Progetto di riassetto ambientale 23 e paesaggistico della Val di Chiana in Toscana Michele Ercolini Il Parco Regionale della Valle del Ticino in Lombardia 37 Adele G. Caucci Sistema dei Parchi della Val di Cornia in Toscana 45 Sabrina Tozzini Piano per il Parco delle Madonie in Sicilia 61 Michele Ercolini Piano del Parco Naturale Regionale 83 di Migliarino San Rossore Massaciuccoli in Toscana Andrea Meli PARCHI METROPOLITANI 95 Laura Ferrari La trasformazione “work in progress” di uno spazio aperto 101 di cintura metropolitana: Parco Nord Milano Laura Ferrari Il bosco quale elemento di riordino dello spazio metropolitano: 119 l’esperienza di “Boscoincittà” a Milano Laura Ferrari La bonifica di un sito inquinato quale impulso 135 alla progettazione dello spazio aperto: il Bosco delle Querce di Seveso e Meda Laura Ferrari SPAZI URBANI 149 Enrica Dall’Ara Il parco di Teodorico a Ravenna 151 Enrica Dall’Ara I NDICE Da fabbrica a spazio urbano: gli spazi esterni dello stabilimento 163 Fiat Lingotto, Torino Claudia Cassatella Il parco diffuso di Tonino Guerra in Romagna 173 Enrica Dall’Ara S CHEDE Il Parco urbano di Volterra 185 Emanuela Morelli Parco Amendola a Modena 189 Michele Ercolini Il parco Raffaele Viviani a Napoli: il parco delle grotte 193 Antonella Valentini Riqualificazione paesistico-ambientale di un sito industriale: stabilimento Snam di Panigaglia (La Spezia) 197 Antonella Valentini SISTEMI FORTIFICATI 203 Maristella Storti Il colle e la fortezza di Osoppo 211 Maristella Storti Il sistema dei forti di Genova 225 Maristella Storti L’illuminazione delle mura di Verona 245 Maristella Storti S CHEDA 263 La rocca di Ravenna Maristella Storti LUOGHI PER L ’ ARTE 269 Emanuela Morelli “ Spazi d’arte a Celle: l’invenzione di un collezionista appassionato” 275 Anna Lambertini Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle a Garavicchio, 291 Capalbio Emanuela Morelli Il Giardino Hic Terminus Haeret di Daniel Spoerri 303 a Seggiano Emanuela Morelli L’ Hortus Conclusus a Benevento 315 Enrica Dall’Ara S CHEDA Il recupero ambientale di un attività estrattiva dismessa da luogo 321 di produzione materiale a luogo di produzione culturale: Cava Borella a Vagli Sabrina Tozzini 8 I N D I C E PAESAGGI STORICI 325 Antonella Valentini Il restauro di Villa Garzoni a Collodi 331 Antonella Valentini Il Master Plan del giardino di Boboli 345 Anna Lambertini Il ripristino dei giardini segreti di Villa Borghese 365 Anna Lambertini Il Parco dell’Appia Antica 377 Alessandra Cazzola IDEE E PROGETTI 387 Claudia Cassatella La scoperta della presenza dei fiumi in città: Torino Città d’acque 391 Claudia Cassatella La Greenway della Battaglia di Pavia 399 Michele Ercolini Il “Programma di Paesaggio Chianti” nel Piano Territoriale 407 di Coordinamento della Provincia di Firenze Alessandra Cazzola I N D I C E 9 I NDIVIDUAZIONE DEI CASI DI STUDIO PARCHI E PAESAGGIO 1 Progetto di riassetto ambientale e paesistico della Val di Chiana in Toscana 2 Parco Regionale della Valle del Ticino in Lombardia 3 Sistema dei Parchi della Val di Cornia in Toscana 4 Piano per il Parco delle Madonie in Sicilia 5 Piano del Parco Naturale Regionale di Migliarino San Rossore Massaciuccoli in Toscana PARCHI METROPOLITANI 6 La trasformazione “work in progress” di uno spazio aper- to di cintura metropolitana: Parco Nord Milano 7 Il bosco quale elemento di riordino dello spazio metropo- litano: l’esperienza di Boscoincittà a Milano 8 La bonifica di un sito inquinato quale impulso alla pro- gettazione dello spazio aperto: il Bosco delle Querce di Seveso e Meda SPAZI URBANI 9 Il Parco Teodorico a Ravenna 10 Da fabbrica a spazio urbano: gli spazi esterni dello stabi- limento Fiat Lingotto, Torino 11 Il parco diffuso di Tonino Guerra in Romagna 12 Il Parco urbano di Volterra (Pisa) 13 Parco Amendola a Modena 14 Parco Raffaele Viviani a Napoli: il parco delle grotte 15 Riqualificazione paesistico-ambientale di un sito indu- striale: stabilimento Snam di Panigaglia (La Spezia) SISTEMI FORTIFICATI 16 Il colle e la fortezza di Osoppo (Udine) 17 Il sistema dei forti di Genova 18 L’ illuminazione delle mura di Verona 19 La rocca di Ravenna LUOGHI PER L ’ ARTE 20 “ Spazi d’arte a Celle: l’invenzione di un collezionista ap- passionato” 21 Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle a Gara- vicchio, Capalbio (Grosseto) 22 Il Giardino Hic Terminus Haeret di Daniel Spoerri a Seg- giano (Grosseto) 23 L’ Hortus Conclusus a Benevento 24 Recupero ambientale di un attivita’ estrattiva dismessa da luogo di produzione materiale a luogo di produzione culturale: Cava Borella a Vagli (Lucca) PAESAGGI STORICI 25 Il restauro di Villa Garzoni a Collodi (Pistoia) 26 Master Plan di Boboli, Firenze 27 Il ripristino dei giardini segreti di Villa Borghese, Roma 28 Il Parco dell’Appia Antica (Roma) IDEE E PROGETTI 29 La scoperta della presenza dei fiumi in città: Torino Cit- tà d’Acque 30 La Greenway della battaglia di Pavia 31 Il “Programma di Paesaggio del Chianti” nel Piano Ter- ritoriale di Coordinamento della Provincia di Firenze Il Dottorato in Progettazione Paesistica è stato istituito in Firenze nel 1997 ed è il solo che si occupa di questo settore disciplinare in Italia. Per certi versi, dunque, ha un compito difficile e oneroso. Il dottorato ha come campo di ricerca la progettazione paesaggistica, in altre parole quel complesso di cono- scenze (culturali, storiche, semantiche, metodologiche, teoriche e tecniche) che concorrono alla formazione della cultura del progetto paesistico per gli operatori chiamati a progettare, pianificare, ricuperare e riqualificare nei territori urbani ed extraurbani. Il Dottorato è articolato in tre anni di studio e di ricerca che prefigurano, alla fine del triennio, due possibili esiti: la formazione di un architetto paesaggista, altamente qualificato, da inserire in organismi di ricerca pubblici (Università, CNR) o privati (Fondazioni operanti nel settore) e il contributo alla formazione di una figura di urbanista particolarmente sensibile ai valori dell’ambiente, delle aree protette e del paesaggio, quindi in grado di coprire ruoli di elevata responsa- bilità presso Enti pubblici ed Enti locali. Il curriculum di studio e l’attività di ricerca sono modulati non solo per pro- durre esiti finalizzati ad un’eventuale carriera universitaria, ma anche per essere valutati e utilizzati nel più vasto campo della sperimentazione applicata al pae- saggio. Il Dottorato si avvale delle strutture del Dipartimento di Urbanistica e Pianifi- cazione del Territorio e della Scuola di Specializzazione in Architettura dei Giar- dini e Progettazione del Paesaggio entrambi dell’Università di Firenze. In partico- lare, con la Scuola di Specializzazione in Architettura dei Giardini e Progettazione del Paesaggio (che dispone di un corpo docente multidisciplinare proveniente dalle Facoltà di Agraria, Architettura, Ingegneria, Scienze Forestali e Scienze Politiche), c’è, fin dalla sua istituzione, una fattiva sinergia che si esplica con l’organizzazione di attività svolte congiuntamente: seminari, lezioni integrative, partecipazione a gruppi di lavoro specifici e a viaggi di studio, eccetera. Le sedi aderenti partecipano con strutture analoghe essendo anch’esse, sia Milano, sia Torino, sia Roma, sede di Scuole di Specializzazione con contenuti e finalità simili. Il Dottorato organizza periodicamente seminari interni e conferenze aperte al pubblico 1. I seminari e le conferenze hanno consentito ai dottorandi di discutere con i relatori su i temi della pianificazione delle aree protette, delle reti ecologi- che, dei piani urbani del verde e del progetto, recupero e restauro degli spazi aperti e dei parchi urbani. I NTRODUZIONE Giulio G. Rizzo 1 Oltre, ovviamente alle normali lezioni previste dall’ordinamento. Ai seminari hanno partecipato personalità di alta qualificazione scientifica come, per esempio, Richard T.T. Forman della Harvard Uni- versity, che ha inaugurato l’attività seminariale, Petra Potz della Universität Dortmund, Mario Di Fidio del Servizio Tutela ambiente naturale e Parchi della Regione Lombardia, Roberto Gambino del Politec- nico di Torino, Bernardino Romano dell’Università de L’Aquila, Lando Bortolotti dello IUAV di Vene- zia e dell’Università di Trento, Vittoria Calzolari dell’Università di Roma “La Sapienza”, Paolo Castel- novi del Politecnico di Torino, Richard Ingersoll della Syracuse University di Firenze. Attualmente, nei tre anni di Dottorato, sono attivati tre percorsi formativi da intendersi come linee guida per orientare le singole ricerche dei dottorandi, e non come camere stagne: • aree naturali: piano e progetto; • verde urbano: piano e progetto; • le risorse naturali nel paesaggio urbano: l’acqua. In sintesi, il primo curriculum formativo mira a formare un percorso che abbia l’ambiente e il paesaggio come fattori unificanti per la comprensione (ana- lisi) e la pianificazione del territorio urbano ed extraurbano. Il tema conduttore e quello della pianificazione del paesaggio e del recupero ambientale delle aree protette, a partire dalla consistenza delle specifiche risorse che queste contengono, entro cui il paesaggio assume un ruolo di sintesi, quale “risorsa delle risorse”, e pone dei quesiti le cui risposte non sono per niente scontate. S’individua, dunque, un percorso formativo che pone in evidenza il ruolo del paesaggio nella trasformazione e gestione del territorio a scala sovracomunale: Piani d’area vasta, Piani territoriali provinciali e regionali, Piani delle Comunità Montane, Piani di Bacino e, infine, in termini più specifici e definiti, i Piani delle varie tipologie di Parco da redigere in base alla vigente legislazione nazio- nale e regionale. La raccolta, lo studio e il confronto dei vari contributi metodo- logici sia italiani sia esteri puntano ad evidenziare come il progetto di paesaggio sia il risultato finale di tutto il percorso formativo del piano: partendo dalle ana- lisi, attraverso le valutazioni fino alle proposte progettuali. Il secondo curriculum formativo mira a formare un dottore di ricerca capace di inserirsi, con autorevolezza, nel recente panorama europeo per la definizione progettuale degli spazi aperti nella città contemporanea. L’attività nel campo della Progettazione Paesistica, a partire dalla meta’ del secolo scorso, ha visto l’affermarsi non solo delle questioni ambientali e paesag- gistiche alla grande scala, ma anche il sicuro progresso della riflessione discipli- nare e professionale sulle tematiche del progetto alla piccola scala e l’incontro, soprattutto a livello europeo, con una committenza sia pubblica, attenta a non disperdere la domanda sociale sempre più caratterizzata dalla richiesta di mag- giore definizione e qualità degli spazi urbani, sia privata che continua a chiedere specializzazioni, spesso rintracciate all’estero per il ritardo formativo accumulato dal nostro paese, capaci di rispondere ad una domanda a volte molto sofisticata, per la progettazione di parchi e giardini per le residenze, di spazi verdi nei luoghi di lavoro, di idonei spazi nei luoghi per la salute e per il tempo libero. Il quadro di riferimento complessivo di questo curriculum individua alcune costanti nella progettazione: la memoria storica (come termine di confronto e di identità culturale), l’arte (come chiave di ricerca di nuove forme e dimensioni del progetto), la natura (come esperienza diretta e realtà in divenire), la dimensione biologica (come nuova identità di luoghi recuperati), infine, le esigenze sociali e gli stili di vita come generatori di nuove forme del paesaggio urbano o comunque alla piccola scala. Il quadro di riferimento prima descritto sarà integrato con lo studio delle filosofie di intervento e dei metodi progettuali diversi, dal cosiddetto Movi- mento Moderno, esperienza decisiva per le vicende del paesaggio contemporaneo, alle ultime tendenze riscontrabili nelle recenti realizzazioni. Lo scopo del terzo percorso di ricerca è quello di delineare il rapporto che intercorre tra le risorse naturali, in particolare l’acqua, ed il paesaggio urbano. Gli obiettivi sono due: riuscire ad evidenziare quale ruolo possa assumere l’acqua nel progetto del paesaggio urbano per contrastare il degrado che caratte- rizza la città centrale e le periferie metropolitane; selezionare le conoscenze, gli elementi e gli strumenti necessari affinché l’acqua “penetri” nuovamente nel pae- 12 I N T R O D U Z I O N E saggio urbano con tutta la sua valenza paesaggistica, attribuendo così nuova identità, qualità e naturalità alle aree urbane. Le tesi di dottorato, oltre a concentrarsi sulla situazione presente, sono indi- rizzate a mettere a fuoco il tema di indagine partendo dall’evoluzione storica del ruolo dell’acqua nella vita delle città, anche attraverso analisi comparate di diverse realtà territoriali. Nel percorso formativo si riconoscono quattro fasi. Nella prima si individua il ruolo della presenza dell’acqua nella creazione e nella trasformazione del pae- saggio; nella seconda le informazioni, raccolte principalmente sulla base di bibliografie specialistiche e di cartografie tematiche, sono intrecciate con le visioni narrate o figurate dei paesaggi urbani, dove emergono le “memorie” ed i “segni” che consentono di recuperare le potenzialità dei luoghi. Nella terza fase si indagano a livello europeo e mondiale i casi più interessanti di rivalutazione del sistema acqua nel paesaggio urbano, da risorsa nascosta e negata a risorsa curata, allo scopo di costruire un abaco che renda agevole il confronto su casi studio spesso molto differenti. Nella quarta fase si analizza un caso studio specifico. Il lavoro che si presenta è il contributo che i dottori e i dottorandi del dot- torato in Progettazione Paesistica hanno voluto predisporre per l’occasione del IV Encuentro Internacional de Arquitectura en Video, Configurando Espacios che si è tenuto in Messico nel maggio 2002 al quale siamo stati cortesemente invitati 1 Si è cercato di individuare, spigolando nell’articolato quadro della sperimen- tazione in tema di progettazione degli spazi aperti in Italia, sei sezioni che, a nostro avviso, ben rappresentano ciò che avviene nel nostro paese: • Parchi e paesaggio; • Parchi metropolitani; • Spazi urbani; • Sistemi fortificati; • Luoghi per l’arte; • Paesaggi storici. Alle precedenti sezioni è stata aggiunta una settima, inerente le idee e i pro- getti in itinere, che anticipa, seppure parzialmente, alcuni programmi di inter- vento. I N T R O D U Z I O N E 13 1 Luoghi e paesaggi in Italia è il risultato dell’impegno e della passione che i dottori e i dottorandi del dottorato di ricerca in Progettazione Paesistica hanno profuso per presentarsi al convegno di More- lia, in Messico, con un contributo collettivo. Pur essendo difficile estrapolare l’mpegno di ciascuno, si ringraziano: Yuritza Mendoza Garcia che ha curato l’organizzazione per la partecipazione al convegno, Gabriele Paolinelli che ha realizzato il video che ha accompagnato l’inervento di Giulio G. Rizzo, Mari- stella Storti, che con la collaborazione di Alessandra Cazzola, Claudia Cassatela, Enrica Dall’Ara, Michele Ercolini, Anna Lambertini, Laura Ferrari e Sabrina Tozzini, ha coordinato la correzione reda- zionale, Andrea Melli, Emanuela Morelli e Antonella Valentini che hanno curato l’editing del preprint presentato al convegno in Messico. La tutela e la pianificazione del paesaggio, in Italia, ha origini legislative pre- coci, nel 1939, con una legge che sottoponeva a vincolo le “bellezze naturali” del nostro paese, assumendo il concetto estetico di Benedetto Croce quale discrimi- nante per ciò che era da tutelare, e introducendo nel successivo Regolamento, del 1940, il Piano Paesistico come possibile strumento da utilizzare per la tutela del paesaggio. La legge urbanistica 1 italiana del 1942, la stessa che introduce il Piano Rego- latore Generale a livello comunale, introduce il concetto di Piano Territoriale di Coordinamento, strumento facoltativo, deputato alla gestione strategica dei pro- blemi legati alle aree inedificate, alle infrastrutture ed ai servizi di particolare rile- vanza pubblica. Fin da subito si evidenziò come, l’architettura legislativa, restasse fortemente legata ad una precisa gerarchia centralistica, che operava uno stretto controllo su entrambi gli strumenti di pianificazione. In realtà, il governo del territorio fu praticamente demandato ai P.R.G. comu- nali, mentre il P.T.C. ed ogni sua possibile attuazione, si dissolsero nel periodo post-bellico, quando l’urgenza della ricostruzione rese la pianificazione ancora più frammentaria, travalicando anche l’autorità dei Piani Regolatori Generali Comu- nali, a cui si sostituirono piani settoriali più agili, ma slegati tra loro. Solo con il trasferimento delle competenze urbanistiche dallo Stato alle Regioni, il P.T.C. trova applicazione nella riorganizzazione territoriale regionale. “Si può parlare fondamentalmente di tre fasi di regionalizzazione dello Stato. La prima è quella del 1970-72 determinata dalla legge 281/70 ed attuata da un primo trasferimento parziale di funzioni dallo Stato alle Regioni, con il Dpr 8/72 (fra queste, per la prima volta, le funzioni amministrative in materia urbanistica, fino a quel momento esercitate dagli organi centrali periferici dello Stato). La seconda regionalizzazione è quella del 1975-77, che deriva dalla legge 382/75 di delega al governo per l’attuazione dell’ordinamento regionale, delega che trova sviluppo nel fondamentale Dpr 616/77, che rende realmente operante la riforma istitutiva delle Regioni a statuto ordinario. La terza regionalizzazione è iniziata con la legge 59/97, di delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti agli enti locali per la riforma della pubblica amministrazione, legge delega definita ed implementata a livello legis- lativo-normativo dal Dlgs 112/98” 2 Appena istituiti, gli Enti Regione trovarono nella normativa, fino ad allora pressoché disattesa, del Piano Territoriale di Coordinamento, lo strumento adatto per la ridefinizione degli assetti urbanistici su scala territoriale, non solo per la pianificazione sovracomunale delle infrastrutture e dei servizi, ma anche per la tutela delle aree di rilevante pregio paesaggistico. P A R C H I E P A E S A G G I O P ARCHI E P AESAGGIO Andrea Meli 1 Legge Statale 17 agosto 1942, n. 1150. 2 C ARLO A LBERTO B ARBIERI , Il territorio dello Stato dal Dpr 616/77 al Dlgs 112/98 , in INU (a cura di), Rapporto sullo stato della pianificazione del territorio 2000 , Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Generale del Coordinamento Territoriale, Roma 2000, vol. 1, pagg. 13-15. Esemplare in questo senso è il caso del Parco Regionale del Ticino, istituito dalla Regione Lombardia nel 1974, il cui Piano è stato approvato nel 1980. Ci si è avvalsi proprio dello strumento del P.T.C., inserendo tra gli obiettivi la conservazione e la valorizzazione delle risorse ambientali, culturali e storiche, oltre al sostegno alle atti- vità ecocompatibili. L’esperienza del Parco, che vede coinvolti quarantasei comuni, pur con le difficoltà incontrate durante la sua applicazione, dimostra la versatilità che può raggiungere il Piano Territoriale di Coordinamento. Nel 1985, viene varata la Legge 431 3 , che vincola direttamente territori, ambienti e paesaggi 4 sensibili e fragili, mentre in precedenza, l’iter per istituire un vincolo di tutela sul paesaggio, secondo la legge sulla protezione delle bellezze naturali , del 1939 5, risultava piuttosto complesso, tanto che le aree sottoposte a questo regime, fino al 1985, erano di minima estensione. Con la nuova legge, alle Regioni viene dato l’obbligo di dotarsi di Piani Pae- sistici, che la legge del 1939 aveva introdotto come facoltativi oltre quaranta anni prima. Al contrario del Piano Territoriale di Coordinamento, che trovò applicazione pratica quasi soltanto dopo l’istituzione delle Regioni 6, il Piano Paesistico cadde in disuso proprio in quell’epoca, la stessa epoca in cui un paese tradizionalmente evoluto da un punto di vista della tutela del territorio come la Germania, si dotava per la prima volta di uno strumento analogo al Piano Paesistico. Tutto ciò avvenne nonostante esperienze di ricerca di rilievo, come quelle nate alla fine degli anni Sessanta, su iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione, che promosse la redazione di Piani Paesistici nel sud Italia. L’iniziativa concorse alla definizione di un metodo di studio che portasse alla comprensione del paesaggio italiano, che si riconosceva come risultato di fattori molteplici, ambientali, storici, culturali, visivi, e, pur nell’esiguità del numero dei lavori terminati, soltanto due, quello della Costiera Amalfitana (M. Coppa, 1972) e quello della Penisola Sorrentina (R. Bonelli, 1975), all’acquisizione di una più completa coscienza del valore culturale dell’intervento umano sulla natura. P A R C H I E P A E S A G G I O 16 L U O G H I E P A E S A G G I I N I T A L I A 3 Legge Statale 08/08/1985 n. 431 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare inte- resse ambientale). 4 L’articolo 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431, prevede che siano «sottoposti a vincolo paesaggistico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; c) i fiumi, i torrenti ed i corsi d’acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e gli impianti elettrici (...), e le relative sponde o piede degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri su livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; j) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da boschi, nonché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sotto- posti a vincolo di rimboschimento; h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici; i) le zone umide incluse nell’elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; l) i vulcani; m) le zone di interesse archeologico». Nell’articolo successivo (1 bis) si prescrive che «con riferimento ai beni e alle aree elencati (...) le Regioni sottopongono a specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, da approvarsi entro il 31 dicembre 1986». 5 Legge Statale 29 giugno 1939, n. 1497 (Norme sulla protezione delle bellezze naturali). 6 D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 (Trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni ammi- nistrative statali in materia di urbanistica e viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici). I piani di Coppa e Bonelli furono, venti anni dopo, all’attuazione della legge 431/1985, un background culturale indispensabile, per la capacità dimostrata di poter fare dialogare i valori ambientali con quelli della memoria, e per l’aver messo in luce come proprio in quel rapporto biunivoco si possa trovare il con- cetto stesso di paesaggio. Con la legge 431/1985 il piano “di area vasta” entra obbligatoriamente nella pratica comune, ponendo il problema del confronto con sistemi territoriali com- plessi, fatti non solo di parti urbanizzate, ma anche e soprattutto di paesaggi, frutto dei processi di trasformazione del sistema delle risorse naturali, matrici di riferimento, tessuti di relazioni antropiche e naturali, paesaggi insomma come risorsa delle risorse. Configurare gli spazi a questo livello della pianificazione territoriale e paesi- stica, significa confrontarsi con temi dal forte carattere di interdisciplinarietà, ed utilizzare gli apporti di scienze diverse per misurare e valutare i fenomeni territo- riali; ma da questi si deve anche trascendere, per arrivare ad una lettura dei fattori antropici e delle risorse ambientali, che sono natura stessa del paesaggio, che con- tiene i valori culturali, simbolici ed estetici delle comunità che quel paesaggio hanno creato. L’emancipazione dal concetto crociano di “bellezza naturale”, non deve por- tare ad un rifiuto totale della valutazione estetica, “tanto più importante quanto più la bellezza dei luoghi (...) viene percepita come una componente essenziale della qualità della vita e acquista un peso crescente nelle dinamiche, nei compor- tamenti e nelle attese della società contemporanea” 7 Il bisogno di conservazione dei valori naturali nasce storicamente assieme alla rivoluzione industriale, periodo in cui i profondi cambiamenti socio-economici si accompagnavano alla trasformazione del paesaggio ed all’alienazione di molti dei valori di identificazione che legavano popolazione ed ambiente. Il fenomeno dell’urbanesimo e l’inizio dell’era della mobilità diffusa, spezzavano fisicamente i legami tra uomo e paesaggio, aprendo quel divario in cui hanno trovato colloca- zione molti dei grandi conflitti caratterizzanti il processo di modernizzazione. La prima necessità è stata dunque quella di creare occasioni di contatto tra uomo e natura, intesa come fenomeno indipendente dall’azione dell’uomo, secondo un sentimento romantico che faceva stimare il valore dei luoghi in base alla loro wilderness , ma contemporaneamente era necessario offrire anche spazi di ricreazione, per venire incontro alla nuova esigenza, borghese in un primo tempo, poi generalizzata, di impiego del tempo libero. Nel paesaggio europeo, forgiato da millenni di intensa densità antropica, dopo l’istituzione dei primi parchi per proteggere zone dove l’attività umana era meno intensa, si è fatta strada la coscienza di come anche l’ambiente costruito dall’opera dell’uomo rappresentasse un valore da difendere e conservare, superando il con- flitto uomo-natura attraverso il riconoscimento del valore aggiunto che i paesaggi acquisiscono anche nel processo di interazione tra natura, storia ed arte. In questo contesto si inserisce, ad esempio, l’esperienza dei parchi culturali, o ecomusei, che affondano le proprie radici nei tradizionali musei all’aria aperta diffusi nell’Europa Settentrionale fin dal tardo Ottocento, contesti che, sulla base di studi scientifici ed etnografici, proponevano testimonianze e ricostru- zioni di cultura materiale popolare come artigianato ed agricoltura. Attorno alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, anche in Europa si ten- tano esperimenti che attraverso “veri e propri strumenti di piano che si prefiggono finalità di riorganizzazione paesistico ambientale: essi, infatti, puntando su uno o più elementi di uno spazio locale, spostano con decisione la loro attenzione dalla salvaguardia/tutela, dalla ricerca scientifica e dalla educazione all’intrattenimento e P A R C H I E P A E S A G G I O P A R C H I E P A E S A G G I O 17 7 R OBERTO G AMBINO , Conservare innovare. Paesaggio, ambiente, territorio, UTET, Torino 1997, pag. 29. alla valorizzazione turistica (cui si affida il ruolo di motore e collante di uno svi- luppo integrato ed omogeneo) dell’intero contesto reale” 8 . L’operazione, ricca di spunti per la promozione economica e culturale del territorio, è stata capace di creare modelli realmente funzionanti quando l’imprenditorialità ha saputo sposarsi con una seria ricerca scientifica 9 , ma reca comunque con sé un forte rischio di retorica e di mitizzazione della storia locale oppure, quando l’interesse economico diventi prevalente, anche di una mercificazione delle risorse, con la sostituzione dei valori culturali originari con altri stereotipati, di largo consumo e facilmente con- divisibili dalle masse, slittando dal concetto di ecoparco a quello di parco giochi. Negli anni Novanta le Regioni italiane pubblicano programmi che si prefig- gono lo scopo di perseguire la più ampia possibile fruizione e valorizzazione delle risorse storiche, culturali ed ambientali, prevedendo effetti economici di ordine principalmente turistico, ed allargando le possibilità di investimento e gestione dei parchi anche ai privati. Moltissime sono state le proposte locali per la creazione di tali parchi culturali e altrettanto varie le tipologie, accomunati di solito da piccole dimensioni, che li eso- nerano dal confronto con i grandi conflitti territoriali e con la multi gestione tra enti, configurandosi talvolta più che altro come un’operazione di labelling superfi- ciale a dimostrazione dell’ambiguità della definizione “parco culturale”, ma tra que- sti possiamo trovare anche esperienze interessanti che hanno saputo legare reti cul- turali e qualità ambientale, indagandone le matrici e creando musei, archivi, centri di documentazione strettamente legati alla cultura del paesaggio e capaci di porsi come soggetti interrelazionabili tra loro, di entrare in maniera attiva e cultural- mente produttiva in una futura organizzazione sistematica delle aree protette. Alla pianificazione del territorio e del paesaggio a larga scala, negli ultimi due decenni si è andata affiancando una sempre crescente esperienza legata alla conserva- zione delle risorse naturali, attraverso la pianificazione e la gestione delle aree protette. L’Italia vive una breve stagione negli anni Venti-Trenta, che porta all’istitu- zione dei primi parchi nazionali 10 ; dobbiamo arrivare al 1968 per assistere all’i- stituzione di un altro parco nazionale 11 Possiamo considerare come spartiacque fra queste iniziative dell’inizio del secolo scorso, insieme alla stagione vissuta negli anni Settanta-Ottanta con la nascita delle Regioni, l’emanazione della legge n. 394 del 1991, comunemente conosciuta come “legge-quadro sulle aree protette”. Precedentemente a questa, per inquadrare la nascita e l’evoluzione recente del sistema di aree protette nel nostro paese, si deve ricordare il D.P.R n. 616 del 1977, con il quale vengono trasferite alle Regioni “...le funzioni amministrative concer- nenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali...”. Con questo passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni, che copre gli anni Settanta-Ottanta, si assiste ad un notevole incremento sia del numero di aree protette, sia della superficie complessiva di territorio protetto (“...17 regioni su 20 e le due Province Autonome hanno varato un imponente numero di aree pro- P A R C H I E P A E S A G G I O 18 L U O G H I E P A E S A G G I I N I T A L I A 8 L EONARDO R OMBAI e A NNA G UARDUCCI , Tra natura e cultura : parchi e riserve di Toscana, Centro editoriale Milano, Firenze 1999, pag. 24. 9 Vedi gli esempi di Ironbridge e Big Pit di Blanaevon in Gran Bretagna e Le Creusot in Francia. Ibidem. 10 Il primo Parco Nazionale istituito in Italia risale al 1922, ed è il Parco Nazionale del Gran Para- diso, cui fanno seguito nel corso del tempo, sempre con singole iniziative dello Stato, il Parco Nazionale d’Abruzzo nel 1923, il Parco Nazionale del Circeo nel 1934, il Parco Nazionale dello Stelvio nel 1935. 11 Il Parco Nazionale della Calabria, che aggiunto agli altri quattro precedentemente istituiti porta il totale della superficie protetta da queste aree a 267.924 ettari (dati riferiti al 3° Aggiornamento del- l’Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette, a cura del Servizio Conservazione della Natura del Mini- stero dell’Ambiente). La nascita di queste aree protette è avvenuta in assenza di una normativa generale di riferimento che disciplinasse la procedura istitutiva e concorresse a creare un quadro di riferimento per le politiche di pianificazione e gestione unitario. tette, per una superficie complessiva di quasi un milione e quattrocentomila ettari, pari al 4,6% del territorio nazionale, comprendente 81 parchi regionali, 145 riserve naturali e 170 aree protette ad altro titolo” 12 ). Un’altra fase importante nel processo di formazione di un sistema di aree protette a livello nazionale, è rappresentato dall’azione che lo Stato ha intrapreso con l’istituzione di numerose Riserve Statali (in gran parte negli negli anni Set- tanta e Ottanta), site generalmente su terreni di proprietà demaniale 13. In questa fase, antecedente alla legge quadro 394/91, è possibile riconoscere e delineare due principali modelli nella politica a livello regionale di conservazione della natura: “1. Regioni che hanno un livello complessivo di macropianificazione regio- nale ed un livello di micropianificazione delle singole aree; qui l’adozione di macropiani a maglia larga su scala regionale è stata la premessa necessaria per l’a- dozione dei piani delle singole aree protette...Questo modello, che per primo è stato introdotto dalla Lombardia, è stato poi seguito da altre regioni come l’Emi- lia Romagna, la Liguria, il Lazio, la Sicilia, la Toscana, la Provincia di Trento, la Valle d’Aosta, il Veneto ed il Piemonte...” 14 ; “2. Regioni che hanno puntato direttamente al micropiano, e cioè alla istitu- zione e pianificazione-gestione per singola area protetta, attraverso leggi istitu- tive, piani e discipline, area per area. Questo modello è stato seguito da regioni come l’Abruzzo, la Basilicata, la Calabria, la Campania, le Marche...” 15 Cercando di riassumere brevemente l’evoluzione storica della vicenda delle aree protette in Italia nel secolo scorso, possiamo individuare alcune come segue 16 : 1922-1974 – Fase centralistica : l’attribuzione delle competenze in materia di aree protette era riservata allo Stato; 1974-1985 – Fase regionalistica: si è affermato prepotentemente il ruolo delle Regioni, unici soggetti pubblici che, a fronte della latitanza dello Stato, hanno avviato più o meno concrete poli- tiche per le aree protette; 1985-1991 – Fase neocentralistica : si è verificata una forte riconquista di ruolo e competenze da parte dello Stato, in particolare con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente (Legge n. 349/86). Con la legge quadro 394/91, l’Italia avvia un forte spinta alle politiche di tutela dell’ambiente, allineandosi dopo decenni alle molte esperienze ormai con- solidate di paesi europei ed extra-europei in materia di sistemi nazionali e regio- nali di aree protette. Le principali finalità che la legge si pone possono essere riassunte come segue: • la conservazione di specie animali e vegetali, di associazioni vegetali o fore- stali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di comunità biologiche, di biotipi, di valori scenici e panoramici, di processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri ecologici; • l’applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale allo scopo di favo- rire l’integrazione tra uomo ed ambiente anche mediante la salvaguardia dei valori antropologici, storici e architettonici e dell’attività agro-silvo-pastorale; • la promozione di attività educative, formative e ricreative compatibili; • la difesa degli equilibri idraulici; • la sperimentazione di attività produttive compatibili. P A R C H I E P A E S A G G I O P A R C H I E P A E S A G G I O 19 12 G UIDO F ERRARA e L ORENZO V ALLERINI (a cura di), Pianificazione e gestione della aree protette in Europa , Maggioli Editore, Rimini 1996, pag. 45. 13 “Come per i Parchi Nazionali, per le Riserve Naturali non è esistita, sino all’approvazione della legge-quadro, una disciplina giuridica generale e gli atti di istituzione hanno assunto sempre la forma di singoli decreti ministeriali” in G UIDO F ERRARA e L ORENZO V ALLERINI (a cura di), op. cit., 1996, pag. 38. 14 G UIDO F ERRARA e L ORENZO V ALLERINI (a cura di), op cit., 1996, pag. 46. 15 Cfr. G UIDO F ERRARA e L ORENZO V ALLERINI (a cura di), op. cit., 1996, pag. 46. 16 Cfr. F RANCO M IGLIORINI , G IANNI M ORIANI e L ORENZO V ALLERINI , op. cit., 1999, pag. 18. La legge del 1991 si innesta all’interno del quadro di tutela del paesaggio come definito in modo particolare dalla legge 431/85, anche se “la fondamen- tale novità introdotta con la legge 394/91 consiste (...) nel riconoscimento di un nuovo principio biocentrico , che attribuisce una vera e propria soggettività alla natura in quanto valore in sé, giuridicamente riconosciuto e protetto, non più sottomessa al principio antropocentrico intrinseco alla concezione giuridica pro- pria della pianificazione tradizionale, pur se integrata dai principi della tutela paesaggistica introdotta con la legge 431/85” 17. Con questa forte azione legislativa, si interviene a livello nazionale per dare riferimenti comuni ad un quadro che si presentava quanto mai disomogeneo per tipologie ed esperienze a livello locale, in maniera particolare rispetto a: 1. criteri di classificazione delle aree protette, tra i più svariati ed eterogenei, estremamente differenziati da regione a regione; 2. norme di tutela e promozione, che spaziano dalle più restrittive con divieti estremamente rigidi a quelle più permissive; 3. strumenti di pianificazione e di gestione, assenti o i