XXXI I « The curfew tolls the knell of parting day, The lowing herd wind slowly o'er the lea, The plowman homeward plods his weary way, And leaves the world to darkness and to me » —Thomas Gray “La tomba non è luogo per l’amplesso” a squarciagola cantavamo in coro sul muretto a Sorrento in gita con la scuola (in basso il mare mugolava in alto un cielo sfrigolava di stelle ancora in dubbio se varcare la soglia dell’oscuro), ma chi c’era di noi? Chi si ricorda? L’amica era scomparsa in cerca di quegli che chiamavo Cecco Beppe con lo stesso disdegno che avrei mostrato al vecchio Imperatore, portando via con sé la sua chitarra. Avevo fin da allora le mie antipatie come ce le ho adesso e le mie simpatie: io non sono cambiato eppure no, non sono no più quello delle cartoline da dappertutto, strambe, con spartiti disegnati o scontrini di negozi incollati sul bordo (ho chiesto troppo alla mia fantasia), ma proprio quando l’autobus si mosse via dal centro di Boston, da North End allora mi è venuto da pensare alla strana ventura di sentirsi un Arcano Maggiore, solitario giocato in una mano di tarocchi da qualcuno più in alto — il vuoto dentro e fuori ancora più, ma sono stato a modo mio felice — e mai ci avrei creduto che una sera accaldati in un bar di Barcellona mi avresti detto che quell’imbecille di Francesco Giuseppe proprio lui più di tutti lui proprio lui ti aveva spezzato il cuore e mi sono commosso, ahimè, perdutamente, perché la commozione è quella conca profonda, immensa ed inclusiva — materna e indifferente — come le vasche a Bagno di Romagna, le pozze calde di Pamukkale che ci contiene tutti ed è così che ho dato un senso nuovo a quelle notti gelide in terrazzo — in tuo onore, però! — sotto il segno di Orione a perpendicolo, quando mi trovo al freddo a fischiettare segretamente e solo “La tomba non è luogo per l’amplesso”. 1-31 luglio 1985; 2000; 15 agosto-21 dicembre 2024