Introduzione Il tema delle tasse, già trattato da moltissimi consulenti prima di noi, riserva ancora tante sorprese e nasconde diversi segreti che nessuno ti ha ancora raccontato. Potresti aver letto decine di articoli o di libri su questo argomento - ormai così ampiamente affrontato - da un così gran numero di esperti, professionisti, tuttologi, fenomeni da tastiera, “cuggini", amici del bar sport… da farti pensare che non ci sia più nulla da scoprire. Non è così. Prima però di entrare nel vivo di questo documento, partiamo facendo una considerazione di base che ci permetterà di capire le dinamiche con cui risparmieremo tasse. Non dobbiamo dimenticare che le norme di legge in materia di reddito d’impresa sono molte e molto complesse, nonché difficili da applicare e da interpretare nella loro effettiva portata. Le regole sono difficili da leggere e quando poi si devono applicare allora diventa quasi impossibile raccapezzarsi, però una domanda fondamentale dobbiamo porcela: Quando il legislatore ha scritto quella regola, che cosa voleva dire? Non basta leggere le regole e cercare di applicarle. Bisogna cercare di capire quale era lo scopo che voleva raggiungere di chi le ha scritte, per difendere gli interessi dei cittadini. Lo stesso sforzo lo fa anche l’Agenzia delle Entrate, ma per lo scopo esattamente opposto a quello del contribuente, cioè per cercare di portare più denari possibile alle casse dello Stato. Dunque la stessa regola viene scritta, letta e interpretata diversamente a seconda di chi ha un interesse ad applicarla, a disapplicarla o ad applicarla in modo soggettivo. Per applicare correttamente le norme fiscali non basta quindi essere ottimi professionisti o avveduti imprenditori, ma occorre tenere conto dell’interpretazione. L’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate (Ae) o della Guardia di Finanza (Gdf) possono condurre all’evasione di imposta, l’interpretazione del contribuente è indirizzata al legittimo risparmio di imposta. Ogni parte in causa - ogni “GIOCATORE” - tende a interpretare le “REGOLE DEL GIOCO” secondo il proprio interesse, il cittadino secondo l'interesse privato, l’Ae/Gdf secondo l’interesse pubblico. Giocatore Interpretazione Scopo Ampliare la base Ae/Gdf Restrittiva/limitativa imponibile e aumentare le imposte Diminuire la base Contribuente Permissiva/illimitata imponibile e ridurre le imposte Stabilire base imponibile e imposte secondo la Legislatore Motivo della regola capacità contributiva reale Dibattuto fra il principio della capacità Spiegare il motivo della Giudice tributario contributiva e le regola esigenze di cassa dello Stato Una volta compreso che le interpretazioni della Ae sono quelle più restrittive e che, anche se non rispettano lo scopo della legge, spesso sono accettate purtroppo dai giudici tributari duranti le liti fiscali, il contribuente deve accettare di giocare con regole che non condivide. Quanti opzioni restano al cittadino dunque? Chi dice una sola, sbaglia. Il contribuente ha almeno due possibilità fra cui scegliere: 1. La prima condotta, che è quella “sicura” , si basa sulla scelta di applicare le norme come vengono stabilite dall’Ae e dalla Gdf; 2. La seconda condotta, che è quella “litigiosa”, si basa sulla scelta di applicare le norme come vengono stabilite dal legislatore, affrontando anche una lite fiscale per far dichiarare la corretta interpretazione della regola. I 5 segreti per il risparmio di imposta legittimo I nostri segreti si trovano tutti qui, fra queste due possibili scelte che il contribuente può fare, assumendosi talvolta anche una parte di rischio, perché non sempre il giudice interpreta la regola in base alla vera ragione del legislatore… Spesso si fa deviare ed interpreta la norma secondo quello che ne pensano gli organi di verifica (Ae/Gdf). Grazie alla nostra esperienza in liti fiscali, maturata in oltre 30 anni di consulenza ed assistenza al contribuente nelle indagini e negli accertamenti tributari, abbiamo osservato le contestazioni dell’Ae e le sentenze dei giudici e abbiamo individuato la effettiva quantità e qualità delle deduzioni fiscali e del risparmio d’imposta. Ecco a te i 5 segreti che consentono il legittimo risparmio d’imposta senza correre alcun rischio fiscale. Sei pronto? Partiamo! 1. PRIMO SEGRETO: I RIMBORSI PER INDENNITÀ CHILOMETRICHE Questo argomento è molto dibattuto ed è oggetto di enormi discussioni anche fra i professionisti contabili. Nessun collega consiglierà volentieri il proprio cliente di rilevare e contabilizzare i rimborsi per indennità chilometriche perché questo costo ha un doppio valore, sia in capo all’amministratore della società (che non deve sottoporlo a tassazione) sia in capo alla società stessa (che lo può dedurre nei limiti previsti). Per questo è strettamente controllato durante le verifiche fiscali. Per dedurre il costo occorre: • che la vettura sia di proprietà privata dell’amministratore della società; • che venga effettuata una rilevazione precisa e costante dei viaggi: l’amministratore deve dare motivo del suo incarico tramite la compilazione di una nota - nella quale occorre annotare il chilometraggio, le destinazioni, il giorno e il motivo degli spostamenti; • che, a monte, venga predisposto e sottoscritto un verbale di assemblea: questo verbale deve prevedere questa possibilità di rimborso spese per l’amministratore; • avere l’effettiva prova documentale della necessità di spostarsi per lavoro (visitare i clienti, incontrare i fornitori, recarsi sui luoghi di lavoro, trasferte fuori sede, frequentare corsi di aggiornamento, operare in altri luoghi rispetto alla sede legale e operativa della società, ecc.); Una volta predisposti tutti i documenti necessari, basterà solo verificare le tariffe Aci previste per la tipologia della propria autovettura e provvedere al calcolo del rimborso col costo chilometrico moltiplicato per il numero dei chilometri percorsi. Tutto a posto, possiamo stare tranquilli? No. Il vero segreto è proprio qui: dalle verifiche fiscali è emerso che la norma di legge viene interpretata con un limite, ovvero il costo chilometrico massimo deducibile è quello corrispondente a: - una vettura avente 17 cavalli fiscali se benzina - una vettura avente 20 cavalli fiscali se diesel così come indicato da speciali tariffe ACI che già contengono il valore preciso del costo chilometrico per le varie percorrenze: 10.000 / 20.000 / 30.000 / 40.000 / 50.000 / 60.000 / 70.000 km per anno. Dunque è inutile calcolare un costo chilometrico in base alle tariffe Aci “libere” per la propria vettura, salvo che abbia meno di 17 cavalli fiscali se benzina o meno di 20 cavalli fiscali se diesel. Vuoi sapere a quanto ammonta il beneficio ed il risparmio fiscale? Vediamolo con un esempio: Qualsiasi autovettura diesel che abbia 20cvf o più, ha diritto a dedurre 0,38€ circa a km. per percorrenze di almeno 40.000 km. 0,38€ x 40.000 km = 15.200€ di rimborso per indennità chilometrica, deducibile per la società che la eroga e non imponibile per l’amministratore che la incassa. Il risparmio fiscale ad aliquota Ires è pari al 24%, quindi → 3.648€ per la società. Il risparmio fiscale per l’amministratore ad aliquota Irpef è pari al 23%, mentre per l’Inps è il 25,64%, quindi → 7.393€ per l’amministratore. La prima parte di questo segreto è data dunque dall’osservazione delle verifiche fiscali con cui l’Ae consente questa deducibilità. Ma non ci fermiamo qui. L’art. 95 comma 3 del Testo unico delle imposte, precisa che l’amministratore che è stato autorizzato ad utilizzare la propria vettura la spesa deducibile è limitata al costo di percorrenza, mentre se utilizza una vettura a noleggio la spesa deducibile è limitata alle tariffe di noleggio relative ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cvf se benzina o a 20 cvf se diesel. Se non vogliamo litigare con l’Ae utilizzeremo le tariffe di noleggio per vetture con quei limiti di potenza, se invece abbiamo intenzione di discutere in caso di verifica, utilizzeremo il costo di percorrenza esposto nelle tariffe Aci per la vettura di proprietà, indipendentemente dai limiti. Poniamo il caso di una Range Rover: il costo di percorrenza per km. da Tariffe Aci è di circa 86 centesimi, dunque 0,86€ x 40.000 km = 34.400€ euro di rimborso per indennità chilometrica, deducibile per società e non imponibile per amministratore. Risparmio fiscale ad aliquota Ires 24% → 8.256€per la società! Risparmio fiscale per l’amministratore aliquota Irpef 23% e Inps 25,64% → 16.732€ per l’ amministratore! 2. SECONDO SEGRETO: SPESE PER RISTORANTI E ALBERGHI Queste spese sono sempre in discussione fra imprese e fisco. A forza di limitarne la deducibilità e di recuperarle a tassazione negli accertamenti - con comportamenti penalizzanti - il fisco ha ottenuto che tutti gli addetti ai lavori, commercialisti compresi, cercano di dissuadere gli imprenditori dal dedurle, oppure le inseriscono prudenzialmente fra le spese indeducibili. La domanda è: i commercialisti hanno torto o hanno ragione? Se guardiamo al comportamento del fisco, effettivamente hanno ragione. Il problema non è tanto avere il documento da registrare in contabilità - anche se molti imprenditori dovrebbero fare un corso per imparare come si gestiscono i documenti fiscali aziendali… Il problema è collegare quella spesa all’attività. Il segreto è tutto qui. Per dedurre le spese per ristoranti ed alberghi non basta avere la fattura, ma occorre anche dimostrare che quella cena o quella notte in albergo sono “inerenti” alla propria attività d’impresa. Ma cosa è l’inerenza? Questa misteriosa appare e scompare a seconda di chi la guarda. Per l’imprenditore c’è sempre. Per il fisco e per la cassazione non c’è quasi mai. In sostanza, si tratta di dimostrare che quel pranzo/cena e/o quella camera d’albergo e/o altro servizio turistico- ricettivo acquistato fosse indispensabile per poter svolgere la normale attività d’impresa e fosse collegato alla possibilità di produrre ricavi. Una prova apparentemente diabolica, ma esistono procedure da applicare per poter provare l’inerenza. Eccone alcune. 1. Intanto ora hai una conoscenza che forse prima non avevi e puoi guardare a questo tipo di spese in modo diverso, sapendo a priori che cosa dovrai fare per evitare contestazioni fiscali (la consapevolezza prima di tutto) 2. Poi un buon metodo che consente di provare il collegamento con l’attività d’impresa è quello di stampare le mail di comunicazione con clienti, fornitori e dipendenti relative ai pranzi ed alle cene di lavoro: basterebbe una mail stampata ed allegata alla fattura per poter evitare recuperi fiscali! 3. Un altro suggerimento è quello di stampare mail, depliant e brochure di corsi di aggiornamento e di convegni dei clienti/fornitori distanti dalla sede dell’impresa e che occorre visitare, periodicamente o saltuariamente. 4. Qualora occorresse adottare un orario di lavoro con pausa pranzo, il pranzo di lavoro deve essere comprovato da mail di comunicazione interna, con un obiettivo dichiarato e misurabile (magari per una attività urgente da definire per un cliente o per una emergenza lavorativa). Anche questo potrebbe giovare alla dimostrazione dell’inerenza, ma ovviamente non si può estendere a tutte le pause pranzo perché rientrano in altre normative. 5. Infine, ogni documento o mail o file video/audio O CONTRATTO che possa dimostrare l’inerenza devono essere conservati con cura, visto che ormai il fisco controlla le imprese anche attraverso la presenza sui social e con le intercettazioni attraverso smartphone. È necessario che l’imprenditore conosca tali strumenti e li utilizzi a proprio vantaggio. Una volta provata l’inerenza occorrerà ancora stabilire se la spese è “pura” (es. una spesa alberghiera necessaria per un incontro con un cliente o per un lavoro fuori sede) oppure se è una spesa di rappresentanza (es. cena con clienti per l’immagine dell’azienda ma non produttiva direttamente per i ricavi) o ancora se si tratta di una spesa alberghiera collegata ad un corso di aggiornamento. A seconda della natura individuata, la deducibilità per i redditi e la detraibilità Iva seguono uno schema specifico. Al termine del documento troverai le istruzioni per richiederci questo schema. Prosegui ora con il terzo segreto! 3. IL TERZO SEGRETO: IL WELFARE AZIENDALE E I PREMI DI PRODUTTIVITÀ Il costo del personale è tassato in modo pesante, dunque sembra che non vi sia spazio per alcun incremento. Invece vi son alcune norme che consentono all’impresa di dedurre al 100% il costo ed al lavoratore dipendente o all’amministratore di tassarlo allo 0%. L’impresa può attuare dei piani di welfare, ovvero benessere aziendale. Con questi piani in sostanza si riconosce al lavoratore un importo in natura per spese di necessità personali o familiari. Si possono dedurre fino a 3.000€ all’anno, per ogni lavoratore, acquistando beni e servizi che vengono poi usufruiti o acquisiti dal lavoratore stesso; 4.000€ qualora il lavoratore sia coinvolto attivamente nella gestione del lavoro. Parliamo di asili nido, libri scolastici, buoni benzina, ticket restaurant, agevolazioni sui prestiti, piani assicurativi medici, shopping, biglietti di cinema e musei… Se l’azienda acquista questi servizi e li mette a disposizione dei lavoratori e degli amministratori, può dedurli nel limite indicato ed i collaboratori non dovranno pagare alcuna imposta su di essi. Anche qui c’è però un segreto, anzi più di uno: - il primo è che bisogna seguire con attenzione le indicazioni delle circolari dell’Ae dunque per applicarlo in azienda occorre farsi aiutare da professionisti esperti in materia; - il secondo è che, per aziende che abbiano un certo numero di collaboratori, potrebbe essere opportuno creare una piattaforma per l’accesso libero a tali servizi da parte dei lavoratori e delle loro famiglie, creando ulteriori occasioni di sviluppo ed investendo denari che torneranno all’impresa sia sotto forma di costi deducibili sia sotto forma di ricavi. Praticamente con la piattaforma si attiverebbe una specie di cash-back aziendale aperto a tutti coloro che ne usufruiscono e, medianti accordi commerciali, una parte delle spese fatte dai lavoratori potrebbe anche tornare utile al datore di lavoro. Ne potrebbe trarre un vantaggio in termini economici e finanziari, equilibrando le somme spese a sostegno del benessere aziendale dei dipendenti. Senza contare che un tale atteggiamento potrebbe aiutare l’impresa a certificare la propria sostenibilità e l’entrata nell’economia circolare, potendo sfruttare eventuali agevolazioni disponibili e migliorando l’immagine aziendale. I premi di produttività invece spettano solo ai lavoratori che abbiano raggiunto risultati, migliorando i processi aziendali o apportando valore aggiunto. In questo caso la tassazione di questi importi è fissata nella misura del 10%, mentre per l’impresa il costo è deducibile all’aliquota di tassazione prevista dalla forma utilizzata per esercitare l’attività. Nel caso delle società di capitali si risparmieranno imposte per il 24% dei costi sostenuti per i premi di produttività. Per approfondire questo tema, ti invito nuovamente a consultare i contatti al termine del documento. Nel frattempo, analizziamo il segreto numero quattro. 4. QUARTO SEGRETO: COMPENSI AMMINISTRATORI, TFM e ASSICURAZIONE RISK MANAGEMENT E KEY MAN Spesso anche i rapporti più semplici e naturali fra società, soci e amministratori non vengono affrontati correttamente sotto il profilo economico e di conseguenza anche sotto l'aspetto fiscale. Se è del tutto normale che le società abbiano degli amministratori, non è affatto scontato né banale che l'interazione fra questi sia inerente all'attività e sia proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto. Negli ultimi mesi molte sentenze di Cassazione hanno accolto i rilievi dell'Ae che riteneva che il compenso per l'amministratore erogato da alcune società fosse “eccessivo” o meglio “anti-economico” rispetto al lavoro prestato dal collaboratore o rispetto alle quantità economiche contabilizzate dalla società (es. una società con ricavi annuali per 300.000€ che determinasse un compenso per l'amministratore pari ad euro 250.000€). Questo comportamento di sicuro verrebbe censurato dagli organi di controllo, soprattutto se non vi fossero documenti o fatti che potessero provare che, senza quel compenso, la società non avrebbe potuto avere ricavi né utili. Quindi meglio non erogare compensi agli amministratori per evitare problemi? No, anzi il segreto sta proprio qui! Vi sono molte possibilità di scelta, che spesso possono evitare accertamenti o contestazioni da parte degli organi di verifica, purché siano effettivamente collegabili ad esigenze societarie e/o dell'attività svolta. Intanto bisogna sapere che non esistono solo i compensi per gli amministratori ma si possono attivare anche: - il TFM (Trattamento di Fine Mandato) che è una sorta di liquidazione per gli amministratori ed è integralmente deducibile per le società; - le assicurazioni per coprire il rischio degli amministratori – come la Risk management; - o ancora la copertura assicurativa Key man, per compensare l'eventuale improvvisa assenza per malattia, incidente o morte dell'amministratore che si ritenga svolgere attività essenziale per la società. Esistono anche altre polizze che possono coprire un mancato apporto lavorativo dell’amministratore. Ad esempio, forse non tutti sanno che al momento della costituzione di una società, i soci potrebbero anche concordare di sottoscrivere la propria quota impegnandosi ad un versamento in natura, ovvero di “pagare” la quota con una prestazione lavorativa di durata anche ultra-annuale. Cosa succederebbe se l'amministratore che ha promesso di lavorare per la società all'improvviso non fosse più in grado di svolgere la propria prestazione? Inoltre, bisogna sapere che, a certe condizioni, è evidentemente più difficile che l'Ae o la Gdf possano contestare una spesa per gli amministratori qualora la società pagasse una polizza per garantirsi da un rischio o da un danno patrimoniale, o volesse salvaguardare anche il patrimonio dell'amministratore stesso. Infatti i costi per le assicurazioni di Rc, per coprire i rischi di mancate prestazioni o di causare danni patrimoniali, per il rimborso delle spese legali, sono integralmente deducibili dal reddito delle società e nello stesso tempo garantiscono sia il patrimonio della società che quello dell'amministratore. Bisogna tuttavia stare molto attenti, in quanto sulle assicurazioni “key man” non ostante i giudici tributari diano ragione ai contribuenti, la Dre del Piemonte nel 2005 aveva rilasciato un parere negativo disconoscendo la deducibilità a questo tipo di polizze. È sempre necessario infatti dimostrare l'inerenza, ovvero il collegamento necessario fra il collaboratore – sia dipendente o amministratore – e l'attività economica della società. Ma una volta che sia provato che quel soggetto è l'uomo-chiave per poter esercitare l'attività societaria, oppure che si è impegnato a svolgere una certa attività per un certo tempo, allora la deducibilità sarà inoppugnabile. Anche per il TFM è necessario assumere alcune cautele, ma la legge non limita in alcun modo l'importo che potrà essere portato a costo e iscritto nel Fondo per il TFM degli amministratori, sebbene l'Ae voglia contenere la deducibilità di questo costo. Dunque è necessario farsi guidare da professionisti esperti nella rilevazione di questi costi. Noi di Business Cloud abbiamo esaminato molti accertamenti in materia ed abbiamo rilevato a quali condizioni è possibile evitare rilievi e contestazioni da parte degli organi di controllo, sia per i compensi agli amministratori, sia per il TFM, sia per le assicurazioni risk management e key man o altre formule che possano coprire rischi specifici per questi soggetti. Sapevi, per esempio, che il TFM per poter essere dedotto deve rispettare tre regole? 1.deve essere pattuito nello Statuto o con un verbale di assemblea redatto PRIMA di essere erogato; 2.l’amministratore deve iniziare la propria attività DOPO che venga stabilito o nello Statuto o con verbale; 3.deve rispettare un principio di congruità anche se non vi sono limiti di legge. E' evidente che se l'amministratore riceve un compenso di 50.000€ l'anno, il TFM non potrà superare il 20% o il 30% del compenso stesso, dunque non potrebbe essere superiore a 10.000€ o 15.000€. Tuttavia in questo caso la società potrebbe dedurre ad esempio 10.000€ dal proprio reddito imponibile, risparmiando 2.400€ di Ires (imposta sul reddito delle società). La società potrà versare il TFM (ovvero i 10.000€) in una polizza assicurativa. Successivamente, quando l'amministratore cesserà il proprio incarico, potrà: - incassare il capitale rivalutato come da polizza assicurativa, magari per 12.000 euro, con 2.000 euro di plusvalenza; - pagherà il 12.50% della plusvalenza ovvero 250 euro sui 2.000 euro - e pagherà la tassazione separata sui 10.000 di TFM, calcolata all'aliquota media di imposta che l'amministratore stesso avrà avuto nei tre anni precedenti a quello in cui il TFM viene erogato. Supponiamo che l'amministratore avesse una aliquota personale media del 25% , dovrebbe versare 2.500 euro sui 10.000, dunque 12.000€ - 250€ - 2.500€ = 9.250€ netti con un aliquota media effettiva del 22.92%! 5. IL QUINTO SEGRETO: ...CI SONO TANTI ALTRI SEGRETI Spese di rappresentanza, omaggi, erogazioni liberali, investimenti in start-up e PMI innovative, ricerca e sviluppo, operazioni straordinarie… Come vedi i segreti derivano da conoscenze e spesso da calcoli complessi. Se l'imprenditore è seguito da professionisti esperti e competenti, potrà davvero ottenere consistenti risparmi fiscali, perfettamente legittimi. Per qualsiasi dubbio o domanda, non esitare a scrivermi. Per richiedermi lo schema della deducibilità dei redditi e la detraibilità Iva, per approfindire il tema del welfare aziendale e per scoprire tutti gli altri segreti, scrivimi una mail all’indirizzo info@business-cloud.it oppure chiama il numero +39 348 82 05 504. A presto, Lara Zampini CEO di Business Cloud Mail info@business-cloud.it Telefono +39 348 82 05 504 Messenger: https://m.me/businesscloudteam
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