1549 Corriere Tributario 19/2011 Regolamento UE n. 282/2011 I VA Tra i diversi aspetti sui quali interviene il regola- mento di esecuzione UE n. 282/2011 del 15 marzo 2011 (di seguito, per brevità, il «regolamento») vi è anche quello relativo allo status di soggetto pas- sivo IVA ai fini della localizzazione dei servizi (1). La localizzazione delle prestazioni di servizi Tale localizzazione, che prima della direttiva ser- vizi ( i.e. direttiva 2008/8/CE del 12 febbraio 2008) e del D.Lgs. 11 febbraio 2010, n. 18 avveniva sul- la base del criterio generale incentrato sul domici- lio del prestatore del servizio (2), oggi segue le di- rettrici di un sistema «duale» correlato alle carat- teristiche soggettive del committente. In particolare se le prestazioni vengono rese a fa- vore di consumatori finali (i cd. rapporti B2C - Business to Consumer ) sono imponibili nel luogo di stabilimento del prestatore, mentre, se il com- mittente è un soggetto passivo IVA (i cd. rapporti B2B - Business to Business ), l’operazione viene tassata nel «Paese di destinazione» mediante il ri- corso al metodo comunemente definito del reverse charge . In entrambi i casi trattasi in realtà di crite- ri che operano in mancanza di metodi particolari di individuazione del presupposto territoriale. Sullo status di soggetto passivo, ai fini dell’appli- cazione delle regole concernenti la territorialità dei servizi, l’art. 43 della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (meglio nota come direttiva «rifusione») prevede che sia considerato soggetto passivo riguardo a tutti i servizi ricevuti il «sog- getto passivo che esercita parimenti attività o ef- fettua operazioni non considerate cessioni di beni né prestazioni di servizi imponibili» e che «la per- sona giuridica che non è soggetto passivo e che è Incertezze operative sullo «status» di soggetto passivo IVA nella localizzazione dei servizi I l regolamento UE n. 282/2011 , applicativo della direttiva di rifusione IVA , nel premettere che ai fini della localizzazione dei servizi assume rilevanza centrale lo «status» di soggetto passivo del destinatario dei servizi medesimi, nonché la qualità in cui egli agisce, chiarisce una serie di aspetti pur rimanendo alcune zone d’ombra . L’area in cui maggiore appare l’incertezza è quella del destinatario stabilito al di fuori dall’ Unione europea , in relazione al quale la verifica circa lo «status» di soggetto passivo presenta contorni indefiniti . Altro aspetto su cui occorrerebbe riflettere è la coesistenza nell’IVA di fonti interne e comunitarie di contenuto non sempre allineato e che può generare problemi di affidamento di Eugenio della Valle ed Emiliano D’Alfonso Eugenio della Valle - Professore ordinario di diritto tributario pres- so l’Università «Sapienza» di Roma Emiliano D’Alfonso - Dottore commercialista in Roma Note: (1) Il regolamento UE n. 282/2011 ha modificato, riscrivendolo, il regolamento UE n. 1777/2005 del 17 ottobre 2005, recante le di- sposizioni applicative della direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977. (2) Sulla base di tale criterio, previsto nel previgente art. 7, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, le prestazioni di servi- zi dovevano considerarsi effettuate nel territorio dello Stato quando erano rese da soggetti domiciliati nel territorio stesso ovvero da stabili organizzazioni in Italia di soggetti domiciliati e residenti all’estero. Detto principio generale veniva in realtà ap- plicato molto raramente, a causa delle numerose deroghe, riguar- danti diverse tipologie di servizi, che invertivano la tassazione nel Paese del committente. Sia a livello domestico che comunitario, il principio di tassazione nel Paese di stabilimento del committente era dunque quello principalmente adottato, pur costituendo for- malmente una deroga (cfr. P. Maspes, «Territorialità IVA quando le semplificazioni complicano», in Corr. Trib . n. 2/2010, pag. 104). mente questi siano in posses- so di un numero di identifica- zione ai fini dell’IVA e lo ab- biano anche comunicato al prestatore. Sul punto la nor- ma comunitaria dovrebbe ov- viamente prevalere. Quanto al momento in corri- spondenza del quale deve es- sere fatta l’indagine sulla de- stinazione del servizio, ove necessaria, l’art. 25 del rego- lamento stabilisce che nel- l’applicazione delle disposi- zioni sulla territorialità delle prestazioni di servizi si deve tener conto esclusivamente delle circostanze esistenti al momento del fatto generatore dell’imposta, ossia nel mo- mento in cui l’IVA diventa esigibile secondo le indica- zioni contenute nell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972. Qualsiasi modifica successiva non sarà rilevante, purché ciò non costituisca «al- cuna pratica abusiva». Come è stato osservato da attenta dottrina (27), la precisazione non risolve il problema di quando, ad esempio, l’IVA relativa ad un’unica prestazio- ne di servizi «generica» diventi esigibile in più momenti in conseguenza del pagamento di accon- ti. In simili circostanze potrebbe infatti accadere che all’atto dell’incasso di un acconto il servizio venga tassato ipotizzando una destinazione priva- ta dello stesso laddove nel momento del relativo completamento si riscontri una finalità prettamen- te professionale. Considerazioni conclusive Che dire conclusivamente dei chiarimenti contenu- ti nel regolamento? Senz’altro utili, pur rimanendo alcune zone d’om- bra. L’area in cui maggiore appare l’incertezza è quella del destinatario stabilito al di fuori della Comunità in relazione al quale la verifica circa lo status di soggetto passivo, eccezion fatta per i casi in cui vi è il rilascio del certificato attestante il di- ritto al rimborso a norma della direttiva del Consi- glio 86/560/CEE, presenta contorni indefiniti. Il tema è delicato poiché non è raro imbattersi in situazioni in cui non è affatto semplice capire se il destinatario della prestazione eserciti o meno un’attività economica IVA ri- levante secondo gli standard della direttiva rifusione; si pensi, ad esempio, al caso di enti non profit stabiliti in Paesi extra UE relativamente ai quali l’indagine circa l’esercizio o meno di attività commerciali può dipendere da una serie di circostanze di difficile valutazione. In un’ottica di semplificazio- ne del sistema, si sarebbe forse potuta limitare l’appli- cazione del sistema «duale» di localizzazione delle pre- stazioni di servizi alle sole prestazioni rese all’interno della Comunità, riducendo così già di molto gli oneri strumentali gravanti sui contribuenti. Altro aspetto su cui occorrerebbe riflettere è la coesistenza nell’IVA di fonti interne e comunitarie di contenuto non sempre allineato. Quanto alla lo- calizzazione dei servizi, si è visto, il regolamento e l’art. 7- ter del D.P.R. n. 633/1972 talvolta diver- gono ed il rapporto tra i due ordini di norme può creare problemi di affidamento. 1554 Corriere Tributario 19/2011 Regolamento UE n. 282/2011 I VA Committente stabilito fuori dalla UE Nel caso in cui il committente sia un soggetto stabilito al di fuori della Comunità le procedure di controllo previste dal regolamento UE n. 282/2011 sono ovviamente più complesse; il prestatore dovrebbe, infatti, acquisire dal destinatario un certificato rilasciato dalle autorità fiscali competenti, attestante l’esercizio di un’attività economica che attribuisca il diritto al rimborso dell’IVA a norma della direttiva 85/560/CEE; per ciò che riguarda l’Italia, il certificato in questione potrebbe essere prodotto solo dai contribuenti stabiliti in Stati extra-UE con cui esistono accordi di reciprocità, ai quali è accordato il diritto al rimborso anche in assenza di identificazione. SOLUZIONI OPERATIVE Nota: (27) Così P. Maspes, «La problematica individuazione della terri- torialità IVA in base allo status del committente», cit., loc. cit. , pag. 355.